La vacanza, diciamoci la verità, inizia già dal volo, perché: volare è divertente.
All'arrivo a Catania Fontanarossa, l'aereo ha fatto un largo giro sul mare ed è atterrato prendendo la pista dalla parte della spiaggia. All'uscita dall'aeroporto, siamo riusciti a prendere di slancio la corriera per Siracusa, evitando attese inutili. Sia il volo, sia il salire in pullman si sono svolti velocemente ma ora, seduti, con calma, guardando fuori dai finestrini del bus, abbiamo avuto il tempo di valutare quello che ci circondava: il traffico caotico di Catania, l'Etna innevato e con un lunghissimo pennacchio grigio che colorava il cielo, alcuni aranceti carichi di frutti e i fichi d’India ai bordi delle strade. Abbiamo sentito i passeggeri del bus parlare tra loro in siciliano e ci siamo resi conto che “si”, eravamo in Sicilia.
Il bus fa capolinea a Siracusa. Appena scesi, abbiamo iniziato la passeggiata che ci avrebbe fatto arrivare a Ostigia, l'isola che è anche il centro storico di Siracusa e dove si trovavano la partenza e l’arrivo della maratona. Lungo il breve tragitto ci siamo fermati a prendere, finalmente, un caffè e una brioche ... enorme. Bell'inizio.
Arrivati a Ostigia, abbiamo attraversato il mercato e siamo stati intrappolati da un guazzabuglio di bancarelle, suoni, profumi, colori e le “vanniate”: urla dei venditori. Un arrotino aveva modificato una Vespa rossa per realizzare il suo strumento di lavoro, un pescivendolo anziano stava pulendo e affettando un Pesce-spada, i venditori di ricci di mare, giovanissimi ragazzi, stavano aprendo gli animali irti di aculei e li offrivano ai passanti, i fruttivendoli avevano sul banco delle arance spettacolari e profumatissime. Tutto sembrava freschissimo e inviante. La gente ci ha contagiato con l'entusiasmo e la vivacità e abbiamo preso alcuni alimenti, confezionati su una bancarella, da portare a casa.
Dopo aver preso posto in hotel, siamo andati a gironzolare per l'isola e abbiamo subito fatto amicizia con una famiglia di Bari che, come noi, era venuta a Siracusa per la maratona. Facevamo i turisti passeggiando per Ostigia, ammirando il barocco siciliano e girovagando senza meta: adesso sì, ci sentivamo in vacanza.
Abbiamo preso i pettorali e lasciato sul tavolo i dépliant della maratona di Treviso.
Poi di nuovo turismo, continuando a gironzolare senza meta, passeggiando per le strette e contorte stradine della parte antica, scoprendo slarghi e piazze: chiese, monumenti, la fonte Aretusa con i papiri, il giardino con alberi di Ficus enormi, le palme, il castello, ecc. Siamo capitati nella piazza del duomo rimanendo sbalorditi dalla spettacolarità dell'edificio: un tempio greco trasformato, nei secoli, in chiesa e arricchito da una facciata in barocco.
Il sabato, ventoso, e col sole che giocava a nascondino con le nuvole, se n'è andato cosi, tra passeggiate visite e chiacchiere con altri podisti. La sera abbiamo preso una pizza buonissima vicino al duomo: non sottile come purtroppo si usa da noi, alta e grande al punto giusto e con ingredienti profumati e genuini.
La domenica, ci siamo presentati in piazza duomo, alla partenza, con giusto anticipo. Io ero pronto per la maratona. Mia moglie Loretta, alla prima corsa in vita sua, era intenzionata a correre la 10 km, anche lei con pettorale. Gli ho raccomandato di non esagerare dicendole che, come prima corsa, sarebbe andata bene, anche se avesse camminato: mi ha risposto che avrebbe corso per tutti i 10 km (?).
Alla partenza poche centinaia di corridori.
La maratona, la 21, la 10 e una camminata di 3 km per beneficenza, partivano tutte assieme. Niente lettore elettronico allo start. Solo i giudici Fidal a verificare che la partenza avvenisse regolarmente. Ho chiesto spiegazioni a un giudice e mi ha spiegato, con un sorriso tipicamente siciliano, che l'unica lettura elettronica del cip ci sarebbe fatta all'arrivo e che, dato l'esiguo numero dei partecipanti, alla partenza ci sarebbero stati pochissimi secondi di differenza tra i primi e gli ultimi a oltrepassare lo start.
Siamo partiti in orario. Dopo la partenza, e dopo una strettoia, la corsa si è snodata lungo la parte esterna dell'isola, passando sul lungomare. Il sole, caldo e limpido, direttamente o illuminando il mare di riflesso, ci ha subito scaldati. Dopo circa un km ho trovato un cartello con scritto "4 km". Sentivo le battute degli altri corridori e non capivo. Poi ho realizzato, attraversando la piazza del traguardo che avremmo dovuto girare a sinistra e quindi avremmo ripetuto il giro dell'isola. Nuovamente sull'isola, una salita e di nuovo al sole sul lungomare. Di nuovo il cartello dei 4 km, ma questa volta ci stava.
Io correvo in abbigliamento leggero e la corsa era partita subito veloce. Ci siamo lasciati Ostigia alle spalle e abbiamo percorso alcune strade di Siracusa. Poi ci siamo diretti verso la periferia. Ho oltrepassato il bivio col giro di boa dei 10 km e ho visto che i giudici prendevano nota dei numeri. Durante il secondo giro non ho incontrato Loretta e mi chiedevo che fine avesse fatto: se avesse camminato, avrei dovuto incontrarla.
Via ancora per la campagna. Al bivio dei 21 di nuovo i giudici prendevano nota dei pettorali e la massa dei corridori, girava a destra per tornare a Siracusa e quindi Ostigia.
Pochi corridori giravano a sinistra, per la maratona e mi sono reso conto che un gruppetto stava davanti a me di poche decine di metri. Ero intenzionato a raggiungerli ma le mie gambe non ne volevano sapere. Ho fatto mente locale per organizzarmi: il Gps mi aveva abbandonato e, a spanne, avevo percorso circa 15 km. Mentre il gruppetto davanti a me si allontanava lentamente, cercavo di capire la distanza percorsa finché ho visto, dipinto sulla strada un 18. Bene mi sono detto. Poi un cavalcavia ventoso dove un ciclista “portatore di acqua” mi ha avvicinato chiedendomi se andasse tutto bene. Abbiamo scambiato alcune parole. Dopo la discesa, un ristoro. I ristori erano molti, distanti circa 3/4 km tra loro. Alcuni con sola acqua e altri con anche i sali. Ho continuato lungo la carrareccia, asfaltata, che serpeggiava nella solare campagna siciliana e mi sono imbattuto nel cartello "25".
Di nuovo non mi tornavano i conti, nemmeno con l'orologio. Poi un altro cartello "20". Io ero confuso sulla distanza. Un corridore veneto, che ha riconosciuto la mia maglia, ha scambiato qualche parola con me, mentre assieme abbiamo incontrato la tabella dei 21. Gli ho chiesto il tempo sulla mezza maratona e mi ha confermato 1,44. Assurdo. I conti tornavano solo dando credito alla spiegazione avuta da altri corridori: avremmo dovuto ripetere il giro due volte. Poi io e il corridore veneto sconosciuto ci siamo persi perché, quest’ultimo, è andato avanti. Spesso ero solo nella campagna siciliana. Correvo sulla strada asfaltata, perimetrata da due muretti a secco con, di tanto in tanto dei fichi d’India e agrumeti. Mi sono trovato ad affrontare una pozzanghera enorme che mi sbarrava la strada. Era impossibile girargli attorno e quindi sono entrato con cautela. L'acqua mi ha inzuppato i piedi: sono uscito saltellando come fanno i gatti. Poi di nuovo lo stesso ristoro del cavalcavia, i giudici che prendevano nota dei numeri e via di nuovo a fare il giro. Ogni tanto trovavo delle tabelle misteriose: 20, 25, 30 .. Non ci facevo più caso. Ancora la sessa pozzanghera ma questa volta sono passato ai bordi seguendo il corridore veneto che nel frattempo ero riuscito a raggiungere. Presso il cavalcavia ancora lo stesso giudice che mi ha chiesto: "Quanti giri hai fatto?" Gli ho risposto di avere visto la pozzanghera due volte e quindi, il giudice, mi ha fatto finalmente girare a sinistra verso Siracusa.
Adesso la tabella 30 km aveva un senso.
Quasi sempre solo, avevo finalmente cognizione della distanza. Ancora campagna e strada asfaltata con muretti a secco sui lati. I soliti fichi d’india e gli agrumeti coloravano il paesaggio inondando la campagna di verde.
Alcune salite e discese e poi abbiamo imboccato strade con traffico e gente. I chilometri passavano e la città si avvicinava. Ho sorpassato qualche corridore esausto mentre il mio compagno veneziano era sempre davanti a me, ogni tanto lo superavo e poi lui mi risuperava. All'apparire della scritta 40, il mio compagno veneto si è definitivamente perso dietro di me. Io ero determinato a correre fino alla fine e, in effetti, l'ultimo km ho accelerato correndo “malissimo” su un selciato di pietra grossolanamente sgrezzata, facendo attenzione a dove posavo i piedi mentre la polizia locale bloccava il traffico.
All’arrivo, dopo il gonfiabile, ho cercato di vedere il cronometro ma non c’era.
Mia moglie Loretta mi aspettava con una bottiglietta d’acqua. Dopo essermi calmato e dopo aver ripreso fiato, gli ho chiesto come fosse andata la sua corsa e mi ha risposto: “Credo di essere arrivata quarta”. Incredulo, siamo andati assieme a vedere le graduatorie appese a un muro ed effettivamente, il nome “Nonnato Loretta” appariva al quarto posto. Ho scattato le foto della graduatoria e le ho mandate alle mie figlie che, come me, non credevano che Loretta fosse arrivata quarta. Io ho saputo solo dopo un paio d’ore d’avere chiuso la maratona a 3,49.13.
Il resto della giornata lo abbiamo passato da turisti, dopo la doccia in albergo, ci siamo fermati al bar della piazza, nei pressi dell’arrivo, per vedere arrivare gli ultimi e per prendere due arancini. Poi con calma ci siamo avviati alla fermata del bus e quindi all’aeroporto. Il volo di ritorno è stato ritardato a causa dell’Etna. Nell’area aeroportuale noi giravamo con le nostre medaglie in bella mostra.
Ci siamo portati dalla Sicilia alcuni souvenir e il ricordo di una vacanza straordinaria, carica di ricordi, emozioni, sapori, colori e profumi.
Da quando ho iniziato a correre le maratone, mi sono dato la regola di non ripetere mai una maratona … ma forse, Siracusa, potrebbe fare eccezione.
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