lunedì 1 gennaio 2007

Straverona 2013, di Ermete Pastorio

Girovagando in internet, avevo letto della Straverona e mi sembrava una mezza maratona come tante altre stracittadine, organizzata in una città storica della provincia italiana. Così è nata l’idea di fare una gita domenicale con la famiglia in una bella città medioevale: approfittare per fare sport e turismo.
Mi sono iscritto via internet pagando meno di 10 euro.
Siamo partiti col camper di sabato, senza una precisa organizzazione del viaggio, ma a noi piace così, lasciare spazio all’improvvisazione e alla casualità. Arrivati a Verona di sabato pomeriggio, abbiamo trovato un parcheggio ampio, all’esterno della città e a ridosso delle mura medievali. Dal parcheggio siamo partiti a piedi per andare all’Expo a ritirare il pettorale, visitare il centro storico e vedere un po’ di gente. L’Expo era collocato nella piazza dell’arena. Si capiva subito che la massa di gente interessata alla manifestazione era considerevole. Varie corse erano programmate per l’indomani: una serie di prove per i ragazzi delle scuole, in circuito, attorno alla piazza, una corsa di 5 km, una di 12 e la mezza maratona. Ho ritirato il pacco gara e ho dovuto chiedere aiuto ai miei e dividerci il contenuto per trasportarlo, talmente era ricco: uno scatolone pieno di alimenti vari, tra cui perfino una bottiglietta d’olio d’oliva. Tra i gadget c’era anche un buono per una visita gratuita a un museo a scelta. 
La domenica mattina mi sono presentato in piazza e ancora non sapevo cosa mi aspettava. Eravamo davvero in tanti. Tutte le corse partivano assieme e poi ci saremmo divisi lungo il percorso. Riempivamo tutta la piazza dell’arena. Abbiamo iniziato a premere verso il gonfiabile della partenza mente alcuni fucilieri in divisa d’epoca ogni tanto, dalle mura, sparavano a salve con i fucili ad avancarica. Siamo partiti dopo che tutti i fucilieri assieme hanno dato fuoco alle polveri. Inizialmente per le vie alberate, interne, sotto le mura e poi abbiamo attraversato alcune piazze lastricate e circondate da edifici storici. Abbiamo percorso un tratto lungo il fiume col castello alla nostra destra e poi abbiamo imboccato un viale alberato a sinistra. Lungo il tratto fin qui percorso sentivo altri corridori fare commenti sarcastici sulla “salita”, ma io, non capivo, non mi ero informato a sufficienza sul dislivello e comunque oramai ero in gioco e non mi sarei fermato di certo. Dicevo tra me. “che sarà mai una salitina?” Poi, di colpo, ho capito. L’avvisaglia di quello che mi aspettava l’ho avuta quando a un ristoro, oltre all’acqua e ai sali, distribuivano anche frutta secca e banane disidratate. Non mi era mai capitato, in una mezza maratona, un ristoro così ricco di carboidrati. Dopo il viale alberato, una piccola salitina con svolta a destra, poi un tratto pianeggiante, una curva sinistra e poi, mentre la strada si restringeva in una specie di stradina acciottolata, la salita si è trasformata in … un muro! Assurdo, non sapevo se ridere o se rimanere serio: una pendenza da capre. Poiché non dovevo dimostrare nulla a nessuno, ho iniziato a salire camminando e mi sono accorto che non ero il solo. Quelli che riuscivano a correre su quella salita, in linea di massima, portavano le maglie che richiamavano associazioni sportive della zona. Sicuramente abituati a percorrerla e conoscitori di quel percorso. A mano a mano che salivo lungo il sentiero/stradina, cercando anche di correre ogni tanto, il percorso si trasformava diventando spettacolare: acciottolato storico, circondato da mura in mattoni e sassi, case antiche con l'ingesso a volta con arco in pietra, giardini con ulivi e viti arrampicate sulla collina, avvinghiate ai pali, distribuite ordinatamente sulle gradinate di terra aspra. Alle mie spalle l’antica e storica Verona si abbassava sempre di più mentre lo sguardo si allargava sull’orizzonte.
Poi la salita è finita, di colpo com’era iniziata. Come quando dopo un temporale estivo esce nuovamente il sole. Il senso di piacere per la conclusione della fatica si è mescolato al rammarico perché ci siamo trovati nuovamente su strade asfaltate e puzzolenti.
Ai ristori sono rimasto piacevolmente meravigliato nel vedere che i corridori, tutti, gettavano i bicchieri vuoti nei cassonetti e non fuori come avviene di solito. La corsa è continuata con salite e discese, senza storia, normali, tra borghi antichi, collina alberata e vigneti, poi è precipitata per un lungo tratto in una discesa asfaltata e a strapiombo. Dopo la discesa abbiamo iniziato ad avvicinarci di nuovo al centro storico di Verona percorrendo l’ultimo tratto di collina su un sentiero in discesa tra i cipressi, in terra battuta, scosceso, con salti e radici affioranti dove sono inciampato un paio di volte, fortunatamente senza cadere. La parte “collinare” del percorso è finita quasi improvvisamente, così com’era iniziata. Ci siamo trovati nella città, a percorrere gli ultimi chilometri nelle viuzze antiche e siamo sbucati proprio nella piazza dell’arena, dove c’era il gonfiabile dell’arrivo. 
In piazza mi sono ricongiunto con i miei e assieme, approfittando del biglietto gratuito, abbiamo visitato l’arena di Verona. Mentre eravamo nell’arena, abbiamo udito esplosioni e scoppi vari. Erano i fucilieri che la mattina avevano dato il via alla corsa ma ora, le esplosioni, erano molte di più e ogni tanto si udiva un vero e proprio “botto” che rimbombava nella piazza. Siamo andati a vedere e, dall’alto dell’arena, abbiamo scoperto che nella piazza di fronte si stava combattendo una “battaglia” con truppe in divise antiche che caricavano alla baionetta, fucili ad avancarica che sparavano tra nuvole di polvere, la cavalleria andava e veniva disordinata e tre cannoni sparavano facendo un frastuono assordante e lanciando un’enorme nuvola bianca verso il cielo. Tutta questa baraonda accadeva proprio davanti alla gente assiepata e tenuta lontano dalle transenne. Assalti, scoppi, esplosioni e ritirate. Gli artiglieri avevano un bel da fare perché i cannoni andavano raffreddati con uno straccio imbevuto d’acqua, poi ricaricati dal davanti. Con dei colpi, di forza, un artigliere premeva la polvere nella canna, poi un altro artigliere dava un ordine, tutti si allontanavano di qualche metro, quest’ultimo avvicinava una miccia accesa alla culatta del cannone e partiva la cannonata a salve, proprio in piazza e tra la gente. Noi riuscivamo a vedere due pezzi d’artiglieria: un cannone vero e proprio e una bombarda, puntata verso l’alto, con una bocca di almeno 50 o 60 cm. Uno spettacolo mai visto. Io ero ancora vestito con gli indumenti della gara, sudato, ma non ero il solo, altri corridori, come me, si erano fermati a veder lo spettacolo, qualcuno aveva anche lo scatolone/pacco-gara sotto il braccio. Sono riuscito a capire che le divise erano austriache, piemontesi e della Repubblica Veneta. Nella confusione, non ho capito chi combatteva e contro chi, anche perché, a un certo punto, c’è stata una pausa e le “truppe”, sono andate a fare il pieno di “vinello dei colli” tutti assieme. La “battaglia” si è protratta a lungo e noi ci siamo arresi. Non abbiamo spettato la fine e abbiamo pranzato in un ristorantino della piazza, confondendo l’odore del cibo e del sudore con quello della polvere pirica bruciata, mentre scoppi ed esplosioni riprendevano dopo la “pausa” e un tappeto di piccoli straccetti bianchi ricopriva il selciato come se avesse nevicato. Ricordo di avere letto in un libro di storia che nei fucili ad avancarica si usa un pezzo di stoffa come borra per fermare la polvere e la palla e che alla fine delle battaglie il terreno era cosparso di questi piccoli straccetti bianchi. 
Abbiamo passato un’assurda giornata da ricordare e raccontare agli amici. Col senno del poi la Straverona è una corsa che merita di essere vissuta a pieno, sia dal punto di vista sportivo per la sfida che rappresenta, sia come “gita turistica” per lo spettacolo storico messo in scena, per la possibilità di visitare un museo della città, e anche, naturalmente, per il fatto stesso di visitare Verona.

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