lunedì 1 gennaio 2007

Dalla parte del supporter, di Fabrizio Rosso

TM 2015: meteo formidabile e ventilazione apprezzabile (novantesimo minuto docet).

h.11.00: col fido Max già stazioniamo nei pressi del tappeto di rilevazione del trentesimo km in quel di Povegliano, grazie all’agile scooter di Max, pronti ad immortalare volti e gesta dei runners, top e meno top, impegnati sul tracciato.

Il tempo del caffè di rito, e passano i primi, agili e sorprendentemente silenziosi, a 3’08”/km: a fianco del solito keniano, il buon Stefano LaRosa, mezzofondista italiano alla prima esperienza in maratona.
Semplicemente prodigiosi.

Nell’arco di dieci minuti transitano altri tre atleti, poi una lunga pausa e finalmente, dopo ulteriori dieci minuti di vuoto, inizia la lunga teoria di runners umani.
Transita la prima donna, Laura Giordano, habitué della TM, scortata dai “gabbiani”. Transitano i palloncini delle tre ore con, al seguito, un nutrito stuolo di aspiranti under3hrs.

Noi, però, si trepida per gli OllScars.

Un’occhiata in internet al loro passaggio agli intermedi precedenti per avere un’idea più precisa del possibile arrivo ed ecco il primo dei nostri, Giancarlo, incollato ai pacers delle 3h15’. Poco dietro i gemelli Ostanello, staccati di poco l’uno dall’altro.
Quindi, in scia alle lepri delle 3h30’, è la volta di Antonio, dell’avvocato Teso e del “Conte” Attilio, che, sornione e leggermente staccato rispetto al gruppone, si lamenta delle mancate urla di sostegno. Vai, Attilio!!!!!!!
Due/tre minuti ed è il momento di Francesco, con il quale improvviso una sapida gag; poi, Marco ed Ermete, che terminata la frazione a staffetta, non pago, sta allungando fino a Treviso, così, tanto per gradire.
Dieci minuti ancora e transita Flavio, paladino delle 3h59’!
Poco dietro, infine, Romina, Andrea e Cristian, il quale fino al trentesimo km, rispettando le consegne, è rimasto tranquillo e riparato, e si sta apprestando ad affrontare i successivi dieci km, fino al quarantesimo, ad un passo ben più brillante (tecniche di allenamento ninja). Notandolo particolarmente pimpante, decido di affiancarlo e filmarlo per un brevissimo tratto. Un podista superato in quel frangente chiede se si tratti del sindaco del Paese. Rispondo trattasi del parroco. Il podista in questione rimane basito e si congratula col supposto curato.

Esauriti i passaggi dei nostri, inforchiamo lo scooter e ci dirigiamo verso il centro di Treviso.

All’altezza del quarantesimo km, facciamo in tempo a vedere Antonio in leggera crisi, Cristian, che sta finendo il suo tratto veloce di dieci km, annunciandoci il defaticamento per i successivi duemilacentonovantacinque metri (Pinocchio !!!!) e Francesco ed Ermete che, al passo, ci salutano sorridenti.

Io e Max ci spostiamo, quindi, verso il traguardo e ad ottocento metri dalla fine, arriva Flavio, in netto vantaggio sulla proiezione delle 4hrs, che lamenta un crampo paralizzante alla gamba sx. Malgrado questo problema, lo vediamo procedere e tagliare l’angolo ma duecento metri più avanti, lo ritroviamo fermo, a cercare di allungare il muscolo. Da buoni samaritani Oll Scars, ci fermiamo ad aiutarlo a fare stretching, incitandolo a ripartire e percorrendo un brevissimo tratto assieme. Flavio volerà al traguardo in 3h56’.

h.14.00: arriviamo al traguardo pure io e Max.

Dei PB OllScars fioccati già sapete dai resoconti di chi la corsa l’ha fatta sul serio.

Del fantastico esordio di La Rosa in 2h12’ e spicci, con buona probabilità, pure.

Quel che non sapete è che radio-mercato lo dà prossimo ad indossare la casacca arancio …

Come volevo io, di Francesco Zamuner

Ieri 03 marzo 2014 maratona di TREVISO.
Era da 2 anni che per un motivo o per un altro non riuscivo a correre la maratona come volevo io.
Il meteo non era dei migliori, coperto con qualche goccia e vento fino al 15 nodi.
Sono partito da casa molto presto per lasciare la macchina a Treviso e prendere prima la navetta e poi il treno per Conegliano. Già in stazione mi sono trovato con il primo Amico, Enrico un amico di lavoro, subito i saluti e i primi discorsi sulla strategia prevista per la gara, gli obiettivi, le speranze. Chiacchierando, il tempo passava velocemente. Dopo la consegna delle sacche, ecco arrivare gli amici della squadra, tutti “belli” carichi (belli si fa per dire): Lino, Ermete, Fabio, Francesco B., Flavio ed Antonio. Non mancavano nemmeno gli accompagnatori: Aldo ed Andrea B.
Ancora qualche chiacchiera sulla corsa e poi dentro alle gabbie e pronti per partire. Il mio obiettivo erano le 3 ore e 30 minuti.
Come un calcolatore, avevo previsto di fare i primi 5 km leggermente più lento, per vedere come giravano le gambe e poi decidere se provarci oppure se prenderla un po’ più lentamente.
Dopo pochi chilometri, la sensazione era molto buona, le gambe giravano bene,  l’abbigliamento perfetto (non troppo pesante ma nemmeno troppo leggero), ok la decisione è presa, ci provo. Lo sguardo andava sempre ai compagni con la maglia arancione, li vedevo quasi tutti li davanti a me tranne Francesco B. e Flavio che partivano dalla gabbia dietro. Erano davanti e avrei voluto prenderli per fare un po’ di strada assieme. Ma questa non era la strategia giusta. La mia strategia era di tenere un ritmo il più costante possibile.
10-15-20 i chilometri passavano veloci  ero arrivato già a metà gara e le forze le sentivo ancora con me.
Ero quasi vicino al 30° km, mi venne in mente il mitico muro del trentesimo chilometro. Ma forse oggi quel muro non sarebbe arrivato, la sensazione era proprio buona, non mi sentivo particolarmente affaticato. Contavo i chilometri ad ogni passaggio di tabella verificavo il tempo e mentalmente calcolavo il ritmo da tenere per raggiungere l’obiettivo. Al 39° chilometro ero in ritardo di un minuto e qui ho capito che non ce l’avrei più fatta. Gli ultimi chilometri li ho un po’ sofferti,  le gambe erano sempre più pesanti, la benzina era finita ma con l’ultimo sforzo ho cercato di non rallentare troppo. Prima di entrare a Treviso ecco Aldo che fa le foto e ci incita, grazie Aldo.
40° ultimo ristoro, poi dentro a Treviso, sali scendi, pavé per spezzare le caviglie, curve ripetute a destra e a sinistra e poi l’ultima curva a sinistra e rettilineo finale.
Ecco lo striscione è in fondo, Marco, Cristian e Paolo a metà rettilineo che incitano, grazie amici è sempre un piacere trovare gente che ti conosce,  gli do il 5 e via a tagliare il traguardo in 3h 33’ e 5”.
L’obiettivo non l’ho raggiunto per soli 3 minuti e spiccioli, ma sono CONTENTISSIMO, finalmente una maratona corsa come dico io. Nessun rimpianto ho dato tutto quello che avevo e per l’obiettivo delle 3:30 ……… appuntamento alla prossima.

Buona la prima!, di Attilio Moregola

Treviso 2015.
Buona la prima.

Eccomi qui a commentare quello che mi sembrava impossibile solo poco tempo fa. La mia prima Maratona. Ho sempre ammirato da lontano la Maratona, ogni tanto in televisione passavano le immagini di qualche gara ed io mi fermavo a guardare quegli atleti che correvano per 42 km ... e passa (quei 195m aggiunti alle Olimpiadi di Londra del 1908 per fare in modo che l'arrivo fosse esattamente sotto il balcone della Regina d'Inghilterra e poi mantenuti per sempre). L'operazione Treviso 2015 inizia a Ottobre 2014, dopo molti dubbi rompo gli indugi e mi iscrivo. Inizio a documentarmi, a chiedere a chi la conosce, a leggere. Stilo un programma di preparazione su myasics.com e resto stupito... credevo di dover correre di più per preparare una Maratona (sono solo 750km Emoticon smile ) , oltretutto ho anche impostato un tempo impegnativo. 3h 30m. Il sito crea il mio programma e mi dice che seguendolo finirò la Maratona in 3h.31m e che l' 80% dei runners che segue il programma stilato raggiunge l'obiettivo. Speriamo... ma mi accontenterei di un 3h.59m.59s. Inizio con l'incremento della velocità e dopo 1 1/2 mese inizio a vedere i primi risultati. Sono incoraggianti. Passano le settimane ed inizio la fase di incremento della distanza.... La cosa più dura è correre d'inverno con il buio. Al freddo, alla pioggia ed al vento mi hanno abituato gli anni del calcio. Arriviamo al primo lungo .. Rustignè 30km in 2.29 come la Cortina-Dobbiaco del 2014, buono. La prossima tappa sono i 35km a S.Maria di Campagna dopo 3 settimane ( ad 1 mese dalla Maratona) , ma ... l'imprevisto, nello stesso periodo faccio il trasloco di casa senza badare troppo alle correnti d'aria e mi becco una Bronchite acuta ( 5 giorni di febbre fra i 38.5 ed i 40 .... perdo 2 kg in 5 giorni). Sono costretto a fermarmi per 12gg. Riuscirò a recuperare? Mi sento molto fiacco e stanco... Qui ci vuole un rimedio della nonna... Per 1 settimana ovetto sbattuto con lo zucchero a colazione. Mi trovo bene, arriviamo alla settimana prima della Maratona, riduco l'uovo a 1 giorni si e uno no. Cerco di preparami meglio che posso senza lasciare niente al caso. La domenica precedente, piove c'è vento ma voglio provare a fare una simulazione di quello che farò domenica prossima. Mi alzo, faccio colazione ( con l'ovetto ed i cereali ), alle 10 parto per fare 15km, sotto la pioggia. Alla faccia della bronchite. La settimana passa veloce e l'emozione cresce... sabato ritiro del pettorale... ed eccomi sulla linea di partenza. L'emozione lascia lo spazio alla determinazione, si parte... Tutti mi hanno consigliato di partire piano ed eseguo, le gambe girano mi accodo ai pacer dei 3.30. Avanti !! La gente lungo la strada mi regala emozioni ed incitamento... Sono sicuro non mollerò facilmente. La corsa prosegue tranquilla, piccola crisi fra il 25o e 27o... ma attenzione fra poco arriva il MURO. I 30km, lo spauracchio di tutti i runners dilettanti e non. Lo scavalco senza grossi problemi ... e vai!! ... Passo il cartello dei 30km e mi viene in mente una citazione di un film "ancora un passo e avrò corso la distanza più lunga della mia vita ". Pensavo di soffrire molto di più , ma evidentemente il lavoro fatto nei mesi precedenti è stato fatto bene. Siamo sullo stradone che porta a Treviso, 6/7 km all'arrivo, molti iniziano fermarsi. Vado. Entriamo a Treviso, che bello il cartello dei 40km, sembra finita. Gli ultimi 2km sono di sofferenza; mentalmente mi sono convinto che dai 40 ai 42 sarebbero volati... Dura fino all'ultima curva... lì ci sono mia moglie mio figlio che tifano... accelero ( dove erano queste energie.. ? ) ... Un po' più avanti la pattuglia dei tifosi Oll Scars mi incita ed allora le energie si moltiplicano e faccio un vero e proprio sprint. Sul display vedo 3h.31m. Mitico ( myasics.com aveva ragione ). La Sfida è vinta. Sono un maratoneta.

P.s. Il passaggio ai 30km in 2.29..... come al solito.

Around the world



Questa nuova rubrica si prefigge l’obiettivo di raccontare gli eventi  che in giro per il mondo  ( around the world) ci hanno fatto, ci fanno o ci faranno sognare la corsa perfetta.

Cercheremo di riportare le emozioni,   i colori, i sapori e gli odori delle varie parti del mondo dove si svolge una gara particolarmente signifcativa.

Vorremmo che diventasse una  agenzia dei sogni in cui scegliere la Nostra prossima avventura,  oppure un posto caldo in cui, una sera d’inverno , rileggere e ricordare le avventure già vissute.


Buone corse e felici avventure.


TESSERATI 2014

I tesserati "Oll Scars" per la stagione 2014 sono gli appartenenti alla lista seguente.

COGNOME
NOME
CAT.
Baccega Greta SF35
Battiston Michele SM40
Bazzo Federica SF
Bernardi Andrea SM45
Bettiol Alessandro SM
Bonato Andrea SM40
Bonato Massimo SM50
Bonivento Enrico SM
Brollo Giancarlo SM45
Brussolo Francesco SM35
Carpenedo Fausto SM40
Cotali Stefano SM45
Favretto Stefano SM40
Ferrazzo Moreno SM40
Finotto Alessandro SM
Finotto Antonella SF40
Fuser Cristian SM35
Gaiotto Paolo SM50
Giro Massimo SM35
Giurin Lino SM50
Hanun Ahmed SM
Meneghini Andrea SM40
Menoia Marco SM35
Moregola Attilio SM45
Moretto Mauro SM45
Paladini Salvatore SM40
Passarella Flavio SM50
Pastorio Ermete SM50
Persico Maximilian SM35
Piazza Giovanni SM
Rainato Fabio SM35
Rosso Fabrizio SM35
Salmasi Stefano SM45
Saramin Massimo SM45
Serafin Aldo SM55
Teso Alberto SM45
Tondello Luca SM50
Tonetto Valentina SF
Toscano Antonio SM
Turchetto Tommaso SM40
Zabotto Mauro SM50
Zamuner Francesco SM40
Zangrando Marilena SF35



Drio e Rive Meolo - Valio - CAVRIE'


Presenza e tempi "fossaltini"


28esima Marcia dei 3 Mulini + 11esima Maratonina delle 2 Torri - VAZZOLA


Presenza e tempi "fossaltini"


"Il piede non mi faceva più male", di Ermete Pastorio

La domenica mattina si presentava fredda, pallida e uggiosa. In calendario la corsa a Zero Branco. Io avrei dovuto lavorare ma il capo mi ha chiesto di fare il sabato e ho colto l’occasione per cambiare il turno anche perché un dolore persistente alla caviglia m’impediva quasi di correre, quindi volevo testare le mie capacità per valutare se correre la maratona della domenica prossima o rinunciarvi. Ho deciso di partecipare quasi all’ultimo minuto. Mi sono presentato all’iscrizione e ho trovato una disorganizzazione scoraggiante, nessun cartello, la Polisportiva Fossaltina assente giustificata a causa di un funesto lutto, mi sono trovato da solo e, arrabbiato, ho deciso di partecipare alla corsa senza iscrivermi. Sono partito in anticipo zoppicando per il dolore al tendine d’Achille. Ho camminato e provato a correre per alcuni chilometri fino al bivio dei 12-21 km. Al bivio mi sono fermato totalmente indeciso sul da farsi, mi sono messo a chiacchierare un po’ col volontario che stava di guardia dell’incrocio e poi mi sono incamminato zoppicando verso il traguardo dei 21 km. Mentre camminavo e provavo a correre tre ragazzetti di undici anni, mi hanno sorpassato e poi si sono fermati col fiatone. Mentre provavo a correre, li ho osservati e mi sono accorto che correvano troppo forte, finivano il fiato e poi si fermavano a respirare con affanno. Guardandoli si capiva che erano amici o compagni di classe e che, per sfida o per gioco, si erano iscritti con la classe delle medie e stavano provando a fare i ventuno da soli, mentre il resto della classe faceva i dodici. Ho iniziato a correre alla loro velocità e ho spiegato loro che se volevano arrivare alla fine dovevano rallentare, misurare le forze e cercare di correre a una velocità costante. Mi hanno ascoltato e così è iniziata la straordinaria avventura che ci ha portato tutti e quattro al traguardo. Loro davanti ed io dietro, li tenevo lenti e cercavo di portarli avanti con costanza. Abbiamo iniziato a macinare i chilometri mentre tutti ci sorpassavano. I ragazzetti si lasciavano trascinare dall’entusiasmo e aumentavano ogni volta che qualche corridore ci sorpassava, mentre io ogni volta li richiamavo e li rallentavo. Mi è dispiaciuto nel vedere che, di tutti i corridori che ci hanno superato, nessuno ha pensato di rallentare e aggregarsi a noi per accompagnare questi ragazzini fino al traguardo. Qualcuno gli faceva i complimenti nel superarli e poi mi chiedeva: “Sono tuoi?”. Io rispondevo: “No, li ho raccolti per strada”. La campagna era coperta di rugiada e nelle pozzanghere si vedeva qualche pezzo di ghiaccio. Il pallido sole invernale ha iniziato a scaldare la giornata mentre noi percorrevamo sterrati e strade asfaltate fermandoci solo ai ristori dove i ragazzetti si fiondavano con avidità e serviva tutta la mia forza di persuasione per farli ripartire. Non avevano un abbigliamento ideale per correre, ma avevano in bella mostra il tagliando 
dell’iscrizione e continuavano a dimostrare una volontà di ferro, per cui siamo andati avanti. Altre strade, altra campagna e un altro ristoro, mentre i chilometri da fare diminuivano lentamente. L’entusiasmo mi ha fatto passare il dolore al tendine e mi sono reso conto che sarei potuto arrivare alla fine dei ventuno alla stessa velocità dei ragazzetti, senza strappi e senza accelerazioni pericolose. Arrivando alla fine ho iniziato a preparare i ragazzetti per l’arrivo. Gli ho detto che sicuramente erano gli unici della loro categoria e che quindi avrebbero potuto meritarsi un premio, ma era importante che arrivassero al traguardo assieme. Passando la linea d’arrivo assieme il premio sarebbe andato ugualmente a tutti e tre e se lo meritavano visto l’impegno che ci stavano mettendo. All’ultimo chilometro li ho fatti camminare un po’ perché non riuscivano più a correre, ma, appena hanno capito, di essere vicino alla piazza di arrivo si sono rimessi a correre da soli, senza che li spronassi. Siamo arrivati alla fine dopo due ore e quindici minuti di corsa lenta ma costante. Purtroppo, la mia delusione è stata grande quando mi sono accorto che le premiazioni erano già concluse. Mi sono arrabbiato. Sono andato dal signore che aveva il microfono e gli ho detto che tre ragazzetti di undici anni avevano fatto tutti i ventuno di corsa ma che erano arrivati solo ora. Il signore col microfono mi ha chiesto: “Sono di Zero Branco?”. Gli ho risposto di sì e che meritavano un piccolo riconoscimento. Poi il mio caratteraccio ha avuto il sopravvento e me ne sono andato. Fortunatamente, mentre lasciavo la piazza, ho incrociato uno dei ragazzetti e gli ho chiesto: “Siete andati sul podio?". Mi ha risposto di sì e che al microfono avevano parlato di loro. La giornata si è finita così. Una grande emozione, la soddisfazione di avere fatto una 
cosa giusta, la delusione perché nessun genitore all’arrivo aspettava questi ragazzetti e la speranza che questi giovanissimi si appassionino alla corsa.

Il piede non mi faceva più male.

Giro del lago di Garda 2014, di Ermete Pastorio

Le idee migliori nascono all’improvviso, s’insinuano nella mente e scacciano ogni altro progetto o programma calcolato e predisposto, magari da lungo tempo. Alla fine di giugno mi ero preso una settimana di ferie per fare il giro dell’isola d’Elba in kayak assieme ad altri tre miei carissimi amici. Per la stessa settimana, altri amici kayakers del gruppo 1°CR.K360 di Salò (associazione alla quale anche io sono iscritto), avevano organizzato, grazie all’instancabile Paolo Soncina (e alla paziente sua consorte Daniela), il giro del Garda in kayak per sensibilizzare l’opinione pubblica in merito alla donazione di organi. L’idea di questo giro del Garda è nata alcuni anni fa, inizialmente tra gli ospedalieri di Brescia. Poiché il nostro giro all’Elba è saltato all’ultimo minuto, per vari problemi, ho telefonato al mitico Paolo e gli ho detto: “Io vengo a fare il giro del Garda, m’iscrivo, però lo faccio di corsa anziché in kayak”. Il buon Paolo, persona caratterialmente molto tranquilla, non mi ha detto di no. Ci siamo subito accordati, di massima, che avrei firmato una liberatoria, avrei dovuto correre da solo e rispettare il codice della strada e che avrei cercato di far coincidere le mie soste con le tappe dei kayak. Rimaneva irrisolto il problema delle gallerie bresciane da Toscolano a Riva del Garda, neanche pensare di attraversarle correndo, troppo pericoloso, quindi ci siamo accordati che avrei utilizzato un kayak per baipassare le gallerie, percorrendo una o due tappe col gruppo, almeno fino a Riva o addirittura fino a Malcesine.
Pochi giorni dopo, il martedì mattina della partenza per il giro, di buon’ora, mi sono presentato alla Lega Navale di Desenzano. Il lago mugugnava e faceva ballare le onde sotto un cielo nuvoloso e carico di pioggia, si vedevano le onde bianche al largo che alzavano le creste mentre il vento portava via gli spruzzi. I partecipanti alla spedizione, italiani, tedeschi e un paio di svizzeri, erano già sul posto e preparavano le barche. Dopo i calorosi saluti di rito con i ritrovati amici, ho consegnato i miei bagagli al camper che l’AIDO di Brescia aveva messo a disposizione per il trasporto: uno zaino, una borsa e la tenda da campeggio. Avevo già fatto il giro del lago in kayak gli anni precedenti e conoscevo alla perfezione l’organizzazione: tappe, soste, campeggi e distanze. Gli anni precedenti avevo anche stretto un forte legame di amicizia con i membri della spedizione. Dopo le foto di rito, li ho aiutati a mettere le barche in acqua e li ho visti partire, poi sono salito sulla strada e ho guardato verso nord in direzione di Salò, forse un attimo di esitazione e poi via.  
Mi sono sentito solo dopo lo scoppio di calore e di saluti di pocanzi e, forse per l’emozione, avevo iniziato correndo troppo veloce. Quando ho preso coscienza del fatto che avrei dovuto misurare le forze, ho rallentato ad un passo tranquillo continuando a percorrere la trafficatissima gardesana cercando i marciapiedi o la pista ciclopedonale. In questo tratto di strada, la possibilità di correre in sicurezza per un pedone sono poche, occorre fare attenzione, indossare abbigliamento appariscente e correre contromano. Il lago, che nel frattempo si era calmato, scivolava via alla mia destra, seminascosto dalle ville e dai giardini privati. Dopo pochi km sono arrivato a Padenghe, la prima tappa per la colazione, e ne ho approfittato per calcolare i tempi. Ero arrivato prima dei kayak, non era facile far coincidere le soste perché i kayak ed io facevamo percorsi diversi a velocità diverse. Dopo la colazione e dopo aver atteso che tutti i tedeschi bevessero il cappuccino, siamo ripartiti e di nuovo mi sono trovato solo. La strada ha iniziato a salire dolcemente verso Moniga (tappa saltata) e verso Manerba. A Manerba ho fatto una deviazione per allontanarmi dal traffico e, seguendo un cartello che indicava la strada panoramica, sono finito nel centro storico, dove ho ammirato le stradine antiche con acciottolati e case in pietra. All’ingresso del paese c’è una fontana con acqua buonissima. Quando finalmente ho iniziato a percorrere la strada panoramica, il paesaggio è cambiato: il lago sempre sulla mia destra, si vedeva in lontananza, dopo la valle verdeggiante e umida, appariva luccicare riflettendo la luce del sole e lasciava presagire che la giornata sarebbe stata tersa e calda. Poche automobili a disturbare la corsa mentre la stradina ha iniziato a curvare su un saliscendi che attraversava gli uliveti e la campagna. Il caldo e la sete si facevano sentire, ma avevo una sufficiente riserva d’acqua. Un paio di volte ho chiesto indicazioni ai passanti (per sicurezza), ma il lago, quando faceva capolino tra le colline e gli ulivi, era sempre alla mia destra. Ho cercato di indovinare la discesa per San Felice del Benaco ed ho avuto fortuna arrivando proprio sul molo dove l’AIDO aveva preparato il gazebo per il pranzo: panini e bevande varie. I kayak sono arrivati dopo circa mezzora e nell’attesa ho fatto il bagno. Abbiamo pranzato assieme, chiacchierato a lungo e preso il sole. Dopo i caffè (cappuccini per i tedeschi), siamo ripartiti. E’ dura rimettersi in moto dopo una lunga sosta e il pranzo, anche se leggero, servono un paio di chilometri per far ripartire le gambe. La stradina asfaltata si è arrampicata sinuosa serpeggiando sulle colline tra ulivi, vigneti, ville e campagna, mentre la baia di Salò si allargava davanti a me. Seguendo la costa con lo sguardo, oltre la baia, ho cercato di individuare, dove si trovasse la mia tappa finale: Toscolano Maderno. Ancora ulivi e colline, poi la stradina ha iniziato a scendere verso Salò, per finire in via delle magnolie e quindi ho corso sul lungolago tra turisti e bagnanti. Cominciavo a sentire il peso dei chilometri. Sapevo dove sarebbero arrivati i kayak ma non avevo idea dei tempi di attesa. I kayak, facendo il giro dell’isola di Garda che si trova all’ingresso della baia di Salò, come ogni anno, rallentando per ammirare lo spettacolare castello. Nel luogo destinato alla tappa, sul lungolago a Salò, ad attenderci, c’era una tavola imbandita con frutta varia e pizzette, se non ricordo male, tutto offerto dall’amministrazione comunale. Io ho atteso pazientemente l’arrivo degli altri. Dopo la merenda, i discorsi con gli amministratori e il locale gruppo dell’AIDO e lo scambio di doni, siamo ripartiti e di nuovo mi sono trovato solo con la strada che scivolava lentamente facendo scorrere case, giardini, ville e alberghi. Ancora dovevo cercare di indovinare il percorso migliore per evitare il traffico della gardesana. Le gambe giravano bene e, di quando in quando, una pista ciclo-pedonale mi ridava un po’ di ossigeno. Quasi inaspettatamente mi sono trovato alla fine del mio viaggio giornaliero: Toscolano Maderno … finalmente. Facendo la somma delle varie tappe, mi sono risultati 32 chilometri fatti complessivi in giornata. Per la notte eravamo ospiti di un centro che si occupa di assistenza a persone con disabilità, ci avevano messo a disposizione il parco su cui abbiamo aperto le tende.  Nell’attesa che arrivassero anche i kayak, mi sono mosso alla svelta per prendere i miei bagagli, posizionarmi con la tenda e fare la doccia. Quando sono arrivati gli altri, li ho aiutati nel tirare in secca le barche e abbiamo subito socializzato rinsaldando le amicizie, tutti felici di avere percorso il primo tratto di lago col tempo clemente nonostante le previsioni, tutti con storie da raccontare o battute per riscaldare il clima. L’allegria e la stanchezza erano tangibili. Rispetto all’anno precedente c’era un ragazzo, Andrea, che faceva il giro col SUP (tavola e remo) e una ragazza, Annarita, che utilizzava un kayak forse più adatto al fiume che non al lago. Senza nulla togliere ad Andrea, mi sono sentito in dovere di socializzare con la ragazza, anche se, in realtà, quello orfano ero proprio io, perché i miei amici dell’anno prima non partecipavano a questa edizione. Per la cena, la locale sezione dell’AIDO ci ha preparato uno strepitoso spiedo con polenta. Per primi sono stati serviti gli altri ospiti speciali del centro che ci ha accolto: ragazzi e ragazze con serie difficoltà e diverse disabilità. Poi è arrivato il nostro turno. La serata è volata via ciarliera, allegra e vivace. Tante chiacchiere, spiedo e vino, bella compagnia. Prima che finissimo di consumare i dolci preparati dalle signore (e Tina ha vinto la gara delle torte), è iniziato a piovere e, alla spicciolata, tutti abbiamo corso sotto la pioggia per raccogliere questo o quell’indumento stesi ad asciugare. Io avevo fatto e steso il bucato. Acqua, tuoni e lampi ci hanno accompagnato per gran parte della notte. L’indomani, per accordi presi con Paolo, avrei dovuto prendere un kayak e una pagaia a me sconosciuti e, assieme agli altri, saremmo dovuti arrivare a Riva del Garda: 38 km. Il lago urlava la sua rabbia e faceva alzare e sbattere le onde contro la spiaggia. Credo perfino di essere riuscito a dormire qualche ora. Quando mi sono svegliato, albeggiava e sembrava che il tempo fosse clemente con noi. Abbiamo raccolto sacche e tende mentre la pioggia arrivava solo a tratti. Io non ero sufficientemente vestito per affrontare onde e pioggia battente in kayak, avevo solo un impermeabile leggero e poco altro. Tutto il mio abbigliamento era predisposto per la corsa. E proprio la corsa mi ha salvato, ho fatto quello che ogni corridore al mio posto avrebbe fatto: ho cercato - e trovato - dei sacchi neri per la spazzatura. Sono stato tra i primi a scendere in acqua, volevo provare il kayak e cercare di conoscerlo prima di avventurarmi sulle onde. Siamo partiti, come sempre in questi casi, spinti da quella sottile incoscienza che indirizza gli sportivi dove le persone “normali” non andrebbero mai. La pioggia ha iniziato a scendere fitta mentre le nuvole si facevano sempre più nere. I tuoni esplodevano vicini e i lampi squarciavano le nubi. Alcuni di noi avevano le pagaie in carbonio e Paolo ha giustamente deciso di fare una tappa in attesa che si calmasse la burrasca. Anche Andrea, in piedi sulla tavola, aveva una pagaia in carbonio. Siamo scesi in una spiaggia mentre diluviava. Zuppi, ma ancora pieni di entusiasmo. Un chiosco ci ha fatto dei cappuccini caldi (tre euro l’uno). Io mi sono messo un sacco dell’immondizia, a mo di blusa, sotto il salvagente e uno sopra. Per me era assolutamente normale ma per gli altri forse meno. Quando siamo ripartiti, ero perfettamente isolato dalla pioggia, avevo la schiena e il torace all’asciutto e il paraspruzzi mi difendeva dalle onde. Dopo la partenza ci siamo accorti che una delle due barche a motore, che per sicurezza ci accompagnavano, era sparita. Semplicemente il barcaiolo l’aveva abbandonata sulla spiaggia e se n’era andato. Questo fatto ha causato alcuni problemi agli altri barcaioli che hanno dovuto tornare indietro per recuperare il natante. La pioggia e le onde ci hanno accompagnati per un lungo tratto e poi il lago è cambiato. In una giornata al lago si possono trovare tutte e quattro le stagioni. Le nuvole non ci hanno mai lasciato ammirare il sole che, da parte sua, faceva il possibile per squarciarle e riscaldarci mentre le onde si erano calmate. La sponda orientale del lago scompariva a tratti tra la nebbia e le nubi e poi ricompariva, grigia e fredda. Il monte Baldo aveva la vetta avvolta da una coltre di nubi fitte, ma si riusciva a indovinare la presenza della funivia osservando il versante della montagna. A Campione del Garda ci siamo fermati per il pranzo e ci è arrivata la notizia che a Riva del Garda, dove avremmo dovuto aprire le tende per la notte, era allagato. Paolo è riuscito a trovarci un posto per dormire a Limone, messo a disposizione dal comune: la palestra. Il lago nel frattempo si era abbastanza calmato e il vento ci spingeva. Siamo arrivati a Limone stanchi, ma felici di avere percorso un’altra tappa. Andrea, approfittando delle onde e del vento a favore si è invece diretto a Riva gel Garda. Prima della doccia, Annarita ed io abbiamo fatto una corsetta di mezz’ora. Io ho fatto il bucato e l’ho steso sulla rete della porta da calcio. Dopo una doccia calda e la predisposizione dei giacigli per dormire siamo andati tutti assieme in pizzeria. La mattina seguente sono ripartito col kayak. Ancora onde. Belle onde e siamo partiti tribolando non poco. Il tragitto verso Riva del Garda è stato, come sempre, molto impegnativo. Avevo preso dimestichezza col kayak ma non riuscivo a governarlo molto bene. Poi Paolo, a un chilometro da Riva, ci ha fatto girare a destra per attraversare il lago. La traversata è stata burrascosa, io remavo solo a destra perché il vento mi buttava verso destra e dovevo continuamente correggere. In queste condizioni, tutti assieme, abbiamo raggiunto l’altra sponda, dove il vento e le onde sono scomparsi all’improvviso. Da qui e verso Malcesine, è stata una passeggiata. Siamo arrivati al campeggio in anticipo. Abbiamo messo in secca le barche e ci siamo preparati per la salita sul Baldo con la funivia. Abbiamo pranzato tutti assieme, indossando le maglie dell’Aido, nella baita sulla vetta. Io, Tina, il buon Giosuè (medico), Giuseppe (altro medico), Andrea (con le scarpe medievali), Annarita (maratoneta) e Mariagrazia (camminatrice e infermiera), Romi (che poi si è persa) e Jürg (che si è fatto tutto il lago su una canadese con remo a destra), siamo scesi a piedi dal Baldo e tutti, chi più chi meno, siamo scivolati sulla roccia resa scivolosa per la pioggia. A Tina facevano male i piedi e l’abbiamo caricata a forza su una Panda di passaggio guidata da un tipo strano che aveva il sedile lato passeggero rotto e con lo schienale abbassato. Poi ci siamo preoccupati, ma oramai era tardi. Tina, per fare uno scherzo a Mariagrazia, che era andata avanti, si è abbassata sul sedile. Mariagrazia vedendo passare la panda con una persona stesa sul sedile, da buona infermiera si è preoccupata e ha pensato che avessero bisogno d’aiuto. Noi eravamo piegati in due e, dal ridere, non riuscivamo più nemmeno a respirare. Durante la discesa ha anche iniziato a piovere e io, in campeggio, come gli altri, avevo steso il bucato. La Romi è arrivata in campeggio, facendo un largo giro, poco prima che tutti iniziassimo a preoccuparci per il ritardo. Anche Andrea, con le scarpe medievali, è arrivato in campeggio. Se non ricordo male Jürg è arrivato in campeggio prima di noi, chissà da dove è passato.
Il mattino dopo, si è aggiunta al gruppo Cinzia che ha preso il kayak utilizzato da me nei due giorni precedenti. Io ho ricominciato la parte del tragitto di corsa e sono partito prima dei kayak per fermarmi dopo un chilometro per la colazione. Ho atteso il passaggio delle barche e li ho accompagnati dalla pista ciclabile correndo lentamente fino alla tappa dei 7 km dove tutti ci siamo fermati per la colazione. Io avevo già mangiato, a posta, in anticipo per digerire prima della corsa. Poi via, su una pista ciclo-pedonale bellissima, che affianca il lago, a tratti sassosa, affiancata da oleandri in fiore, lasciandomi alle spalle le nubi e incontrando ogni tanto qualche corridore con cui scambiavo il saluto di rito. La passeggiata attraversa paesini da cartolina: Brenzone, Castelletto e Pai, poi Torri del Benaco, la nostra tappa giornaliera, 28 km complessivi. A Torri ho atteso di nuovo l’arrivo dei kayak, ci siamo messi le maglie dell’Aido e abbiamo fatto le foto di rito con gli amministratori. Abbiamo occupato il posto per la notte nella palestra messa a disposizione dal comune, sotto la torre del castello. Docce e poi il pomeriggio liberi. Annarita ed io abbiamo fatto una leggera corsetta e poi il bagno nel lago. Ci siamo ritrovati tutti, passeggiando lungo le vie della cittadina e abbiamo visitato il castello (visita gratuita per noi). Abbiamo cenato nella palestra con cibo e tavoli preparati dai volontari. Io conoscevo la palestra e sapevo che c’è una sola stanzetta dove si riesce a dormire, ovviamente mi sono accaparrato il posto e Cinzia, Mariagrazia e Mara hanno fatto altrettanto. Gli altri erano sistemati nella parte larga della palestra e in un'altra stanza. Dopo cena siamo usciti in gruppo per il gelato. Nella nostra saletta VIP sono riuscito a dormire qualche ora. La mattina dopo, di buon’ora, ci siamo preparati per la partenza. Il lago era calmo. Io ho accompagnato i kayak con lo sguardo e sono salito, correndo, lungo la Gardesana. Cercando una pista ciclo-pedonale, sono finito in una proprietà privata e per uscirne ho dovuto scavalcare una recinzione con filo spinato mentre un cavallo bianco mi guardava incuriosito. Lungo il percorso ho incontrato due serpenti innocui della razza Coronella austriaca, hanno il manto e la forma che imita le vipere. Siamo arrivati nella cittadina di Garda e ci siamo fermati alla Lega Navale per la colazione. Sono ripartito, ancora solo, ho corso sul lungolago, cercando di schivare i turisti, fino a Bardolino e poi Lazise. A Lazise sono arrivato in anticipo sui kayak e mi sono diretto nel luogo dove avremmo pranzato (che conoscevo). Cercando una stanza per cambiarmi ho scoperto le docce e ne ho approfittato. Docciato, rilassato e con la maglia dell’Aido pulita, sono tornato sull’arenile per attendere i kayak. Abbiamo pranzato tutti assieme su un’unica lunga tavolata e poi abbiamo fatto una corta passeggiata nel centro storico per cercare di digerire l’ottimo cibo. Io, per tenermi leggero, ho rinunciato a malincuore al secondo e mi sono dovuto accontentare di una pasta alle verdure. La partenza da Lazise è stata lenta e pesante, forse per il pranzo o forse per la lunga pausa. Anche Erika col suo SUP si è aggiunta al gruppo, così come altri membri già da Malcesine. Non sono riuscito a trovare la pista ciclo-pedonale e quindi ho corso fino a Peschiera percorrendo la trafficata gardesana. Sono passato davanti a Gardaland e altri parchi. A Peschiera, la locale sezione dell’Aido aveva preparato per noi un gazebo con un lauto ristoro. Ho aspettato i Kayak che hanno fatto il giro del canale attorno alle mura della fortezza e, dopo avere fatto la merenda tutti assieme, sono ripartito verso il centro che ci ospitava per la notte. Arrivando prima degli altri, mi sono piazzato con la tenda e ho fatto la doccia senza code. Annarita ha aperto la tenda non lontano da me e così ha fatto anche Claudio, i tedeschi lungo la recinzione e altre tende sparse. Mariagrazia è dovuta scappare per fare la notte al lavoro con l’intenzione di tornare l’indomani per l’ultima tappa. La cena è stata preparata e servita dai volontari che si dedicano a soccorrere persone in difficoltà economiche offrendo un pasto caldo e una doccia nel centro che ci ospitava. Dopo la cena Paolo ha fatto una lotteria con ricchi premi e quasi tutti hanno vinto qualcosa. Al momento di dormire, l’incredibile ed esuberante Cinzia si è messa a chiacchierare e a fare comunella con i ragazzi che si erano aggiunti a noi per l’ultima tappa. Io avevo bisogno di dormire e quindi ho fatto la “tartaruga” trascinando la mia tenda in un'altra zona. Purtroppo, così facendo, ho variato la geografia del campeggio e il buon Claudio, che nella notte buia si orientava contando le tende si è trovato in difficoltà. Finalmente ho dormito un sonno profondo, forse favorito dall’erba su cui era posata la tenda o forse, semplicemente, sono crollato dalla stanchezza. La mattina dopo, abbiamo fatto una colazione abbondante ed io ho cercato di scambiare qualche parola con i tedeschi. Mara mi ha detto che con suo marito fanno spesso i sentieri sopra le gallerie bresciane e quindi ci siamo accordati per una spedizione assieme, voglio studiarmi i sentieri per l’anno prossimo. Alla partenza dell’ultima tappa, ho finalmente visto presentarsi Beppe e Mario: mitici compagni d’avventure con cui sarei dovuto andare all’isola d’Elba. Mariagrazia era tornata e assieme a Annarita non si sono lasciate sfuggire l’occasione di sfottermi un po’ di fronte ai miei amici e gli ha detto: “Non ne potevamo più di Ermete, sentiva la vostra mancanza e era sempre appiccicato a noi”. Poi ho visto i kayak partire per l’ultima volta. Io, di nuovo solo, ho iniziato a percorrere il lungolago, dove da bambino mio papà mi portava con la lambretta 150. Ha iniziato a scendere qualche goccia a poi ha iniziato a piovere. Ho raggiunto Sirmione percorrendo l’ultimo tratto tra giardini fioriti e viali alberati. Ho visto il castello ma ho rinunciato a fermarmi. Ho avvisato Paolo che non mi sarei fermato con loro per la merenda e sono ripartito verso Desenzano. Pioveva. La strada è scorsa sotto i miei piedi velocemente e la pioggia mi dava vigore. Alcune volte mi sono fermato a guardare il lago e in lontananza si scorgeva, tra la foschia, l’altra sponda. Lontana e misteriosa. Quando ho visto l’indicazione: “Desenzano 5 km” mi sono commosso e la pioggia galeotta copriva la mia emozione. All’arrivo alla Lega Navale di Desenzano il mio GPS mi dava 25 km percorsi nella giornata. Nell’attesa dei kayak mi sono fatto la doccia ma non avevo indumenti asciutti perché il camper dell’Aido, con le borse, non era ancora arrivato. Alla Lega Navale mi hanno regalato una maglietta di cotone, bella, calda, asciutta, col logo della Lega Navale e mi hanno anche ospitato a pranzo. Quando i kayak sono finalmente arrivati c’è stata un’esplosione di allegria e di fermento. Pioveva. Abbiamo tirato in secca le barche per l’ultima volta e, dopo le docce e dopo aver caricato i kayak sulle auto, tutti si sono preparati per la merenda offerta dalla Lega navale. Io avevo già pranzato e volevo andarmene alla svelta, sia perché avevo due ore di strada da fare e sia perché i miei famigliari mi attendevano. Dopo aver salutato tutti, prima di scappare via, Paolo mi ha dato un diploma del giro e una medaglia che ho apprezzato moltissimo. Noi corridori riceviamo medaglie ricordo alle maratone o alle corse importanti, ma questa medaglia era speciale. Il distacco dal gruppo è sempre carico di commozione, ma ogni volta ci lasciamo convinti di ripetere questa straordinaria avventura. Annarita ha detto che l’anno prossimo vuole farsela di corsa, Tina invece in bici. Vedremo. Con l’aiuto di Mara e suo marito, occorre trovare e provare, il sentiero per bypassare le gallerie bresciane e sarebbe interessante aggiungere “il carico da 11” inserendo la salita sul Baldo a piedi partendo da Malcesine (+1700 su soli 5 o 6 km). Col senno del poi ho valutato che c’è la possibilità di lavare e stendere l’abbigliamento della corsa giornaliera, in questo modo si può indossare la stessa maglia che dovrebbe essere tecnica e con il logo della manifestazione. Non vanno sottovalutati i cambi di temperatura e gli sbalzi d’umore del lago, quindi serve un abbigliamento completo, anche semi-pesante. Particolare attenzione va posta ai tratti di strada trafficata. La corsa, non particolarmente impegnativa, riserva forti emozioni sotto il profilo umano, per i forti legami di amicizia che si creano, e sotto il profilo sportivo per la spettacolarità delle vedute sul lago e perché si ha la tangibile sensazione della “dimensione” della distanza guardando l’altra sponda. Da sopra il monte Baldo, se c’è bel tempo, si riesce a vedere quasi tutto il lago e dopo un primo momento d’incredulità, l’emozione che si prova al pensiero di averne percorso il perimetro è molto forte. 

Maledetta primavera, di Cristian Fuser

Moonlight Half Marathon Primavera difficile quest'anno. Una serie di contrattempi mi rendono problematica la scelta degli obiettivi stagionali. Rinuncio mio malgrado alla maratona primaverile a causa di un infortunio che mi tiene completamente fermo per un mese e poi la ripresa con calma; un altro problema ad un piede mi fa perdere dell'altro tempo prezioso; un possibile impegno per la data della Moonlight mette in forse la mia partecipazione...insomma, per fine marzo riesco a mettermi a lavoro come si deve, per i primi di aprile riesco ad iscrivermi alla Moonlight e finalmente stendo il programma di avvicinamento. 8 settimane di allenamento divise in 2 tranche: le prime cinque sui 10 km, con obiettivo la Corrimestre del 4 maggio e poi, le altre 3, per aggiungere chilometraggio in ottica Moonlight.
Va tutto bene, le settimane scorrono senza ulteriori contrattempi ed il test mestrino mi dà dei buoni segnali. Allo stesso modo le successive 3 settimane procedono come da programma, anche se accuso un po' di stanchezza nell'ultima, ma mi occupo solo di scarico, per cui alla partenza da Cavallino sarò in forma.
In fase di avvicinamento non ci penso, non ho un obiettivo fissato, se non quello di avere una forma che mi permetta di affrontare la gara spingendo dall'inizio alla fine senza cedimenti, che poi ne esca il mio PB o meno, è un altro paio di maniche. Ma nell'ultima settimana, il mio personal trainer scopre le carte: obiettivo ambizioso di ritoccare il mio PB, oltre ad aver trovato un pacer a mia disposizione, che mi aiuti nel raggiungere quello che cerco. L'unico pensiero diventa quindi quello di curare la giornata, in modo da arrivare all'orario di partenza nelle migliori condizioni.
Dopo aver fatto un opportuno riscaldamento, sento un fastidio al polpaccio sinistro, quello che mi ha tenuto fermo quest'inverno...ma scopro che Enrico, il mio "personal pacer" è fisioterapista, mi massaggia per una decina di minuti e torno come nuovo!
Alle 19.30 in punto viene aperto l'accesso alla gabbia e mi fiondo dentro. Sono proprio all'inizio della seconda gabbia, quasi al nastro divisorio con la prima, non ne sono abituato. Con me ci sono Enrico e Marco: Marco ci abbandonerà subito dopo lo start, ha un altro ritmo, mentre Enrico ha il mio garmin, controllerà lui il ritmo di gara, io dovrò "solo" fare andare le gambe.
Partenza! In mezzo alla folla ricevo subito un calcio sotto al piede, mi pare anche di sentire un commento della serie "se vai piano, parti indietro"...ma se sono nella seconda gabbia è perché me la sono guadagnata, non perché ho dichiarato il falso...è come se io gli avessi detto "se sei cretino, non venire a correre", ma non c'è divieto per i cretini, quindi soprassedo, ho altro a cui pensare!! A parte questo particolare, non ho avuto problemi di traffico, il serpentone è andato spedito ed anche alla prima curva secca verso sinistra, non ci sono stati ingorghi problematici. Visto che il mio garmin ce l'ha Enrico, chiedo a lui riscontri cronometrici, per farmi un'idea di come stiamo andando; i segnali ai primi 2 km indicano che siamo un po' troppo allegri come andatura, dal terzo siamo già in linea. Ho le gambe un po' rigide, mi sembra di essere a corto di fiato...Enrico parla e scherza con tutti, racconta barzellette e tiene costante il ritmo. Non ho visto altri Oll Scars nei paraggi per il momento: Marco e Giancarlo sono sicuramente davanti, mentre mi aspetto da un momento all'altro il sorpasso dei triatleti.
Cercando di mantenere il ritmo e rispondendo a monosillabi alle battute di Enrico, sforzandomi anche di sorridere perché erano simpatiche, ma facevo fatica, siamo arrivati al decimo km, al passaggio del quale avevo programmato un tempo compreso tra i 46' e i 46'30". Tempo effettivo di 45'52", meglio del preventivato, si prosegue!
Al decimo km esatto, una voce mi dice "ma dove vatu da sol"...era Giorgio, il mio compagno di "battaglia" alla mezza di Paese, che partito un po' più indietro di me, mi ha recuperato e dopo avermi salutato, prosegue nel suo intento di abbattere il muro dell'ora e 35'. Avrei tanto voluto condividere con lui questo obiettivo come a Paese, ma l'ora e 35' non era alla mia portata.
Come detto, aspettavo i triatleti: una voce alle spalle sentenzia "me par che se drio 'ndar massa forte pal tempo che ve pensà". E' Enrico, non il mio pacer, ci ha raggiunti e ci stacca. Verso l'undicesimo arrivano anche Massimo e Stefano, viaggiano un po' più forte e ci staccano anche loro.
Arriva la salita del cavalcavia, poi la discesa, la curva stretta, il passaggio sotto e poi il tratto probabimente più complicato: quei 3 km tra andata e ritorno in cui prima guardi in faccia coloro che ti precedono e poi quando svolti, guardi in faccia coloro che ti seguono. Il nostro ritmo qui è leggermente diminuito (il tds dirà poi che la media è di un secondo più lenta rispetto ai primi 10 km) e le sensazioni sono migliori rispetto ai primi km. Nel tratto di andata vedo tutti i miei compagni che mi sono davanti e li incito, poi svolto e controllo anche quelli che mi sono dietro, scorgendo Attilio, Andrea, Moreno e un po' più indietro anche Fabio. Si arriva così al 18esimo ed è ora di cambiare marcia, dare tutto per gli ultimi 3 km. Enrico mi sprona tantissimo, ma una volta entrato in via Bafile le mie gambe non ne vogliono sapere...a fiato ci sono, ma il passo non incrementa. Anzi, un po' anche cala. Per quanto possibile cerco di tenere duro, Enrico continua ad incitarmi, ma non c'è verso, il cambio di ritmo non arriva.
Finalmente però davanti a me intravvedo il traguardo e capisco di essere veramente vicino...poi si dirada la gente che ho davanti e riesco anche a vedere il cronometro ufficiale che scandisce il tempo: è fatta!!! Esulto ancora prima di passare il traguardo, ho migliorato il mio personale!!!

Per questo risultato devo ringraziare:
- il mio personal trainer, Fabrizio, che mi ha preparato perfettamente;
- il mio personal pacer, Enrico, che mi ha sostenuto tutta la gara ed ha scandito il ritmo;
- Marco, con il quale abbiamo condiviso sensazioni ed impressioni, soprattutto nella tesa settimana che ci portava all'evento.

Vedo Rosso alla Turin Marathon, di Fabrizio Rosso

Domenica 16 novembre 2014. Piazza San Carlo. Torino. Mattinata soleggiata.
Tre mesi di allenamenti emozionanti ed intensi stanno per sublimare in una corsa lunga poco più di 42 km.
Preambolo: arrivo con un certo anticipo a Torino. Già venerdì pomeriggio, io ed Erika passeggiamo in centro.
La città è splendida: strade e lunghi viali dalla geometria inesorabile, piazze, palazzi, negozi, monumenti dal fascino magnetico. Memorie di epoche fondamentali per la nostra storia di italiani.
Mi sto divertendo molto. Il soggiorno è magico: lunghe camminate in città con visita al museo del cinema e al museo della sindone nella giornata di sabato, sotto pioggia battente.
Penso a tutto fuorché alla maratona e non capisco se si tratti di un bene o di un male. Mi trascino un forte raffreddore con mal di gola da ormai 5 gg e m’interrogo addirittura sull’opportunità di partire all’indomani.
Sabato trascorre senza la solita tradizionale rifinitura (20’ leggeri + allunghi): non ho voglia di correre sotto la pioggia. 
Vado a letto, confidando nel meteo favorevole.
Domenica mattina mi sveglio, sbrigo le formalità di rito ed esco senza mai guardare fuori dalle finestre per godere al massimo dell’eventuale sorpresa legata alla presenza del sole … e luce fu!!!!!
Imbastisco un breve riscaldamento vicino all’appartamento, rientro, mi cambio, prendo un caffè, saluto Erika, dandole appuntamento all’arrivo alle 12.29.
Torniamo ora agli attimi immediatamente precedenti la partenza.
Sono pollo in batteria a ridosso dei top runners.
Qui le gabbie hanno semplicemente la funzione di indicare agli atleti dove posizionarsi a seconda del tempo che vorranno realizzare. L'organizzazione confida nel buon senso dei partenti ma in Italia il buon senso è merce rara e mi ritrovo a fianco di due signore sulla sessantina, visibilmente sovrappeso.
Proditoriamente viene dato il via ufficiale senza alcun preavviso mentre armeggio con l’mp3.
Partenza veloce in leggera discesa, a fare slalom per 500 metri, con il lettorino mp3 in mano.
Poi, la situazione si fa meno caotica e riesco a mettermi tranquillo. Supero e mi superano. Soprattutto mi superano. In tanti. Il livello è molto alto.
Dopo un paio di km realizzo nell’ordine:
  • -          che oggi ho voglia di correre
  • -          che il raffreddore non m’infastidisce più di tanto
  • -          che non posso chiudere ai miei ritmi migliori
  • -          che voglio a tutti i costi chiudere in 2h59’, con belle sensazioni e godendomi il percorso
  • -          che non faticherò a trovare compagnia lungo il percorso
  • -          che il percorso è veloce
  • -          che sto correndo storto ma a ritmi accettabili e senza fare troppa fatica

In testa elaboro la tattica: in spinta fino al quindicesimo km. Quindi, dal sedicesimo alla mezza, rallentamento controllato. Poi, fino al trentesimo, ulteriore leggero rallentamento. Dal trentesimo alla fine, gestione del vantaggio sulla tabella di marcia, gustandomi percorso, pubblico, atmosfera e saluto di Erika all’arrivo.
Sono in corsa. Km quattro ed in mezzo ad una bolgia di seimila partenti, mi ritrovo a correre al fianco di Danilo, conosciuto in coda ai gabinetti del museo del cinema il giorno prima!! Piccolo il mondo!
Conversando amabilmente, dopo aver corso con il Po alla nostra destra, superiamo nell’ordine Moncalieri e Nichelino, abbracciati da due ali di folla che mai mi sarei aspettato. Sono talmente coinvolto che zigzago a destra e sinistra per scambiare il cinque coi bimbi impavidi che allungano la manina. Così facendo mi rendo conto di allungare la strada ma non me ne cala molto.
Sto correndo e mi sto divertendo: questo è ciò che conta!
Al diciottesimo km, in leggera salita, lambiamo la palazzina di caccia di Stupinigi (credo di averla riconosciuta come tale) e da quel punto saluto Danilo che cerca di chiudere in 2h48’. Inserisco il pilota automatico. Il ritmo si alza leggermente. Raggiungo la mezza in 1h24’, quasi 1h25’. Rallento ulteriormente ed insisto a fare del cabaret con la gente a bordo strada. Davvero tanta!!
Al venticinquesimo km, mi raggiunge il vergineo trentin che in progressione raggiungerà Piazza Castello in 2h52’. Mi spinge a stare con lui ma non ho alcuna intenzione di spremermi, rischiando di far saltare il piano perfetto.
Poco prima del trentesimo km inizia un’impercettibile ascesa che alza le medie di percorrenza. L’avevo letto nei blog e non mi faccio prendere dallo sconforto. Dovremmo tornare in piano al km trentatre.
Passo al km trenta e non guardo neanche l’orologio. So bene che ho ancora un bel vantaggio sulla proiezione finale di 2h59’.
Inizio a ragionare, concentrandomi sui singoli ristori, ben consapevole di essere entrato nella parte più difficile della maratona. Sono davvero curioso di esplorare me stesso e le reazioni di testa e fisico.
Inizio a sentire la stanchezza e non appoggio bene. In realtà, sono partito senza correre bene e l’assetto peggiora di km in km. Sono i miei punti deboli, il bacino fuori asse e l’appoggio fallace del piede destro. Quel maledetto piede piatto..
Sono al Km trentatre, come gli anni di quel Qualcuno, la cui sindone, è conservata in una cappella del Duomo della città, il cui centro sto per raggiungere.
Organicamente sto da Dio (tanto per restare sull’argomento). Sono in controllo ad un ritmo prossimo al mio fondo lento. Vengo soprattutto rimontato ma non me ne curo. Accendo la musica del mio mp3.
La strada mi pare persino in leggera discesa. Ad un certo punto, mi chiedo se sia il caso di provarci. Mi chiedo se sia il caso di spingere. L’interrogativo m’assale al km trentasei. Probabilmente, con un po’ di coraggio, potrei limare un minuto.
Km trentasei e mezzo ed il cervello elabora la risposta: stattene buono. Continua a godere.
Affermativo: mi sto divertendo. Sono in una condizione invidiabile. Ne avrei ma gestisco.
Anche questa è una piccola vittoria per me: imparare a gestire ritmo ed emotività.
Ancor più galvanizzato, percorro i lunghi viali torinesi, alla ricerca di manine da sfiorare in gesto di saluto. Rispondo agli incitamenti. Sono nel flusso, sicuro di stare sotto alle tre ore.
Km quaranta. Le gambe sono rigide. L’andatura storta. La testa presente. Le forze anche. Sono io che sorpasso zombie già da qualche minuto.
Km quarantuno. Tolgo gli auricolari perché voglio essere certo di sentire e vedere Erika. Ormai i crampi ai polpacci non m’assaliranno più. Rompo gli indugi ed accelero.
C’è tantissima gente lungo il rettilineo finale, da una parte e dall’altra. Finalmente scorgo Erika che si sporge dalle transenne per salutarmi. Entusiasta, contraccambio piuttosto teatralmente ed accelero ancora.
Ultimi duecento metri a braccia alzate, sorridente.
Sono arrivato davanti a Palazzo reale in 2h56’25”: penso a tutto e a niente allo stesso tempo.
Ritrovo Danilo che ha chiuso due minuti prima, in sofferenza. Ritrovo Trentin che ha chiuso la fatica correndo due mezze in fotocopia (1h26’+1h26’) alla sua veneranda età. Soprattutto ritrovo Erika che mi passa indumenti asciutti e mi abbraccia.
Al di là di ogni retorica, ammesso che una semplice corsa meriti una dedica, voglio indirizzarla agli Oll Scars: non c’è bisogno che scriva perché.                    
Infine, visto che questo scritto verrà letto anche dai diretti interessati, dovuti ringraziamenti, per differenti motivi, ad Alessandro Marin e ad Erika&Tobia.

Per incorniciare l’intera esperienza, adeguata ed immancabile colonna sonora: http://www.youtube.com/watch?v=5j4l_NdkYMQ


…PAM, PAM, PAM… CORRERE! …PAM, PAM, PAM… CORRERE, CORRERE E ANCORA CORRERE!

Tutto ha inizio 2 anni or sono. In una pausa pranzo qualunque, mentre mi recavo al solito allenamento di nuoto, incontro Massimo che mi dice: “sai sono a pezzi, ma al Passatore non posso rinunciare……. È la mia gara……!!!”. Ho provato tanta ammirazione, ma anche una sana invidia. È stato in quel preciso istante che ho deciso che un giorno sarei diventato un Centista! Col senno di poi lo devo ringraziare perché è lui che mi ha fatto balenare per la testa quest’idea pazzoide!
Con lui ho avuto il piacere di vivere parte della mia prima storia con la 100. Grazie Massimo.

…pam, pam, pam… correre!
…pam, pam, pam… correre, correre e ancora correre!

Impossibile trovare il vero significato, le reali motivazioni, il giusto obiettivo che ti spingono ad affrontare un’impresa come la 100.
Si una vera impresa!
Ognuno di noi trova dentro di se la verità che lo accompagna in questa scelta, un po’ scellerata e malsana, ma anche stupefacente, che sa regalarti un miscuglio di emozioni che poche volte nella vita si ha la fortuna di assaporare.

…pam, pam, pam… correre!
…pam, pam, pam… correre, correre e ancora correre!

Sono passati pochi giorni da quando ho superato il traguardo di piazza del popolo e ancora provo quella strana sensazione, come se una parte di me fosse rimasta ancora lì. Sto ancora correndo: è notte e sono solo, le cuffiette che mi trasmettono la musica accuratamente scelta per l’occasione. Quella musica che mi ha accompagnato in tutta la mia vita, anche oggi è qui con me e non mi abbandona.

…pam, pam, pam… correre!
…pam, pam, pam… correre, correre e ancora correre!

I pensieri si fanno confusi, le emozioni sono devastanti: “Ce la faccio, ce la devo fare!” – “ No! Sono 100km è impossibile!” – “ Mi sono preparato tanto, non posso rinunciare.” – “E se poi mi faccio male? Ma ché c… sto dicendo! Sono in formissima!”
Partiti! Superiamo lo start tenendoci per mano: i 4 moschettieri all’attacco! I 4 dell’ave Maria agguerriti!
I fantastici 4 in missione! No, no, no…….. sto sbagliando! 4 runners della domenica con un obbiettivo comune………….. la 100! 4 Oll scars con onore.

…pam, pam, pam… correre!
…pam, pam, pam… correre, correre e ancora correre!

Quanta gente! Una folla infinita ci applaude e ci incita. Non sto capendo nulla, sono rapito dall’emozione e dal paesaggio monumentale: “Hey! Siamo a Firenze una delle più belle città del mondo! Guarda lì, il campanile di Giotto! E li, il Duomo! E lì! E lì! E ancora lì! Ci devo riportare i bimbi, è da un po’ che non ci veniamo.”

…pam, pam, pam… correre!
…pam, pam, pam… correre, correre e ancora correre!

“Caspita ma siamo appena partiti e già il primo ristoro! Ah ecco perché, usciamo da Firenze e si sale per Fiesole.” La giornata è perfetta; il sole riscalda il cuore e la brezza leggera rinfresca i pensieri. Ogni tassello sembra al posto giusto. Lungo le strade una moltitudine di persone ci applaude, altri ci accompagnano per lunghi tratti. Mogli, mariti, figli e amici al seguito: chi in bici (i più tenaci), chi in auto (scelta discutibile, a mio avviso, fa perdere di significato al Passatore)

…pam, pam, pam… correre!
…pam, pam, pam… correre, correre e ancora correre!

Il tempo scorre e i km passano. Felice ed inconsapevole mi guardo attorno e osservo le persone: chi passeggia e chiacchiera animosamente, chi alterna la corsa alla camminata e si ferma a fotografare il paesaggio e chi va spedito al traguardo. Auguri a tutti voi!

…pam, pam, pam… correre!
…pam, pam, pam… correre, correre e ancora correre!

Siamo al 25esimo km e il nervo sciatico inizia a darmi fastidio: “Ti ho sentito in partenza che pulsavi. Non ti ho dato retta allora, pertanto non te ne do ora!”.
Quanti consigli ho ricevuto: “mi raccomando, non strafare” – “cerca di dosare gli sforzi” – “non aver paura di camminare” – “inizia piano che poi la paghi” – “la crisi arriva prima o poi” – “fai attenzione al Passo della Colla”. La strada a volte sale a volte scende, ma le salite sono molte e lunghe. Sto bene e decido di correre anche in salita, il cuore mi suggerisce il ritmo. Trovo più facile dosare gli sforzi in salita che in discesa. Riesco a dare un ritmo alla mia corsa, tant’è che in salita mantengo un passo regolare e mi ritrovo a superare sempre quelli che mi stanno davanti e penso: “non è che sto andando troppo forte?”. Allora in discesa cerco di controllarmi per paura di esagerare. Ecco che mi risuperano.

…pam, pam, pam… correre!
…pam, pam, pam… correre, correre e ancora correre!

38 km di gara senza mai camminare, il gruppo si è sgranato da molto ormai. Le facce iniziano ad essere riconoscibili:
“È da un po’ di km che ci superiamo a vicenda ma tu sei di Fossalta di Piave?
“No di Musile, e tu sei di Asolo?”
“No di Roncade. Un altro veneto! Come sta andando?
“A parte la contrattura alla spalla dx che mi perseguita da tempo e non mi permette di ruotare il collo, tutto bene! Sai è la mia prima esperienza e ho un po’ paura”
“Bravo! Giusto avere paura, ma mai mollare! Per me è la quarta esperienza. L’anno scorso mi sono ritirato sulla Colla, c’erano zero gradi e la neve. Avevo un conto aperto che oggi chiuderò!”
“Grande! Ma manca molto all’inizio della salito dura?”
“No! Inizia tra 100m.”

…pam, pam, pam… correre!
…pam, pam, pam… correre, correre e ancora correre!

Ecco l’inizio del passo. Vai passatore vai, non aver fretta! La vetta è lì che ti aspetta.
48° arrivo in cima, il sole mi saluta portandosi via il suo caldo abbraccio, lasciando spazio alla sera. Batto i denti dal freddo e un po’ spaesato mi cerco di vestire, rispondendo all’invito delle stelle che dovrò seguire.

…pam, pam, pam… correre!
…pam, pam, pam… correre, correre e ancora correre!

Sta lucetta a volte va a volte no! Per la prossima meglio mi attrezzerò. Per ora va bene cosi. Tanto sono invincibile! Nessuno mi può fermare, nemmeno il buio. Guardo il cielo e incontro le stelle….. Si!..... Le stelle mi fanno strada: corrono con me, davanti a me e mi dicono: “seguici! Corriamo assieme, abbiamo un avventura da vivere”.

…pam, pam, pam… correre!
…pam, pam, pam… correre, correre e ancora correre!

Sono infreddolito e impaurito. Cerco riparo e un pensiero va a mia moglie e ai miei bimbi e subito mi sento nutrito e sereno. Si riparte!
Da subito la discesa si fa sentire. Mi sento in forma e spingo come non mai, pensando: “ora inizia la vera gara”.

…pam, pam, pam… correre!
…pam, pam, pam… correre, correre e ancora correre!

Passo, passo, Passatore: 55, 60, 65 e 70:
“Ma quando arriva la crisi?”
“Stai tranquillo non avere fretta che prima o poi arriva.”
Di fermarmi non ci penso e camminare nemmeno. Le salite le doso a volte corro a volte cammino ma il piano e le discese non le mollo!
75° ecco i primi sintomi di cedimento. Sono solo, al buio e una voce dentro di me costantemente mi ripete: ”Francesco ne hai percorsi 75, che vuoi che siano 25”. Ora dobbiamo gestire la gara, dosare le forze.
Camminando per qualche centinaio di metri mi assalgono i dolori muscolari che stranamente si sentono meno se corro e penso: “ma allora devo correre?”.

…pam, pam, pam… correre!
…pam, pam, pam… correre, correre e ancora correre!

Osservo le stelle in cerca di risposte e mi accorgo che non mi hanno tradito, sono ancora qui con me. Ne sono certo come se fossi li ora, le vedo muoversi con me: 80, 85, 90.
“Ci siamo ragazze ce l’abbiamo quasi fatta. Voi da lassù lo vedete il traguardo?”
“Si Francesco! Manca poco. Ci sono un sacco di persone ad aspettarci!”

…pam, pam, pam… correre!
…pam, pam, pam… correre, correre e ancora correre!

Giungo al 95 e sono impaziente di incontrare tutte le persone che sono venute a salutarmi al traguardo. È ora di dare tutto. Non mi fermo più!

…pam, pam, pam… correre!
…pam, pam, pam… correre, correre e ancora correre!

96° Wow! Che cavalcata.

…pam, pam, pam… correre!
…pam, pam, pam… correre, correre e ancora correre!

97° “Accelera! Accelera! Accelera!” Mi incitato le stelle.

…pam, pam, pam… correre!
…pam, pam, pam… correre, correre e ancora correre!

98° Ecco Faenza: “dove sarà Piazza del Popolo?”
Una voce mi indica la strada: “Sempre dritto, alla rotonda a destra.”

…pam, pam, pam… correre!
…pam, pam, pam… correre, correre e ancora correre!

99° “Ti voglio alloro e vengo a prenderti!”

…pam, pam, pam… correre!
…pam, pam, pam… correre, correre e ancora correre!

99,5° Gli antri della città sono popolati da pochi gruppi di ragazzi che, poggiando la birra sui tavolini, al mio passaggio applaudo la mia impresa.

…pam, pam, pam… correre!
…pam, pam, pam… correre, correre e ancora correre!

In lontananza vedo le luci della piazza: “ma cos’è quello? L’arco del traguardo?”. Una voce tra il pubblico dice: “dopo l’arco manca ancora 1 km!” Non gli do retta, ormai è fatta. Possono anche essere altri 5, 10 , 50 o 100 km, ma il traguardo è mio e me lo prendo!

…pam, pam, pam… correre!
…pam, pam, pam… correre, correre e ancora correre!

Entro in piazza e lo speaker annuncia il mio arrivo e le poche persone giunte fin li mi applaudono. Nei loro occhi leggo rispetto e ammirazione. Sono pronto ad attraversare il traguardo.

Ceeeeeeeeennntooooooooooooooooooooooooooooooo!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

……………………………………..

Una lacrima mi scende e un pensiero mi assale, con la mano al cuore guardo proprio quella stella che da lassù mi parlava e dico:
“Ecco papà ho fatto qualche cosa di grandioso, spero che tu sia orgoglioso di me.”

Francesco Brussolo – Centista

Brussolo e Bonato al Passatore

OLL SCARS FORUM

Perseverante onestà, di Francesco Brussolo

C’era una volta.......
Tutti i pensieri sfuggenti che attraversano la mente ci lasciano una traccia indelebile, un solco profondo, una sottile linea rossa. Ciò mi è capitato mentre correvo la 100km del Passatore. E ciò mi ha portato qui oggi.
Oggi è il 19 di luglio 2014 e l’appuntamento è quello che si dice ostico, anzi di più! Siamo ad Asolo TV e i km che mi aspettano sono 100 e di puro asfalto da vivere in montagna e in solitudine. Se c’è una cosa che ho capito nella mia breve esperienza nell’endurance, è che anche se sei circondato da decine, centinaia o (a volte) migliaia di persone, in realtà sei solo. Si! Solo con te stesso. Ci sei solo tu, le tue scarpe, il tuo kit da viaggio, le tue gambe, ma soprattutto la tua mente.
Non ho grandi novità da raccontare sulla gara in sé. Molto è già stato detto. I compagni della polisportiva hanno sentito dalla mia viva voce i dettagli più importanti della corsa, alcuni hanno assaporato il racconto con la fortuna di conoscere parte o tutto il percorso, immaginandosi lo sforzo. Altri hanno fantasticato sul mito della gara considerata (forse) la più dura d’Europa nel genere. Il mio pensiero va anche ad Andrea che mi ha fatto una stupenda ed inaspettata sorpresa venendomi a salutare al km 20. Grazie collega centista. La cronaca è delle solite: arrivo con ragionevole anticipo a Caselle D’Asolo, giusto in tempo per ritirare il pacco gara, presenziare al briefing pre-gara e consegnare le sacche.
Dopo circa mezz’ora siamo tutti ai nastri di partenza in piazzetta ad Asolo. Meno di 400 pazzi si sono dati appuntamento per vivere un’altra storia di vita personale. Qualche turista inconsapevole osserva dubbioso la folla, chi ponendosi delle domande incuriosito, chi lamentandosi perché si sente disturbato in vacanza. Per noi tutto è diverso, i commenti non ci sfiorano, la mente non fa scherzi, cerchi di chiacchierare spensieratamente con chi ti sta vicino per non pensare a quello che ti aspetta, ma in realtà dentro di te stai calcolando ogni dettaglio.
Lo speaker ci accoglie presentandoci, rispondendo agli incuriositi che all’annuncio del percorso ci osservano ammiranti ed increduli.
Partiti!
Scendiamo per circa 4 km e svoltiamo a sinistra verso Loc. Maser. La giornata è soleggiata e il caldo si fa sentire fin dall’inizio. Siamo circa al decimo km e svoltiamo nuovamente a sinistra verso Loc. Monfumo e imbocchiamo la prima salita della giornata, vetta Mostacin.
In gara ritrovo un paio di ragazzi conosciuti al parcheggio, l’andatura è la stessa e inconsapevolmente ci troviamo a correre in compagnia. Due chiacchere e una pisciata e arrivo al ventesimo km, quando sento gridare: “Frank! Eccolo!” e al mio fianco mi ritrovo Andrea che è venuto a salutarmi. Facciamo un paio di km assieme: io estremamente accalorato e madido di sudore e lui intonso runner col sandalo.
L’immaginario fantozziano mi diverte aiutandomi a superare un momento di stanchezza solo fisica.
Salutato Andrea riprendo la mia corsa con lo spirito rinfrancato, davanti a me vedo Stefano il compagno di corsa dei primi km. Allungo per riprenderlo e fare ancora qualche km con lui, ma passato il 30-esimo lui mi saluta e se ne va. Ha ben altri obiettivi, migliorare la prestazione dell’anno precedente.
Ci siamo! Salt dea Cavara gli 8 km della verità. Un po’ si corre un po’ si cammina e l’unico pensiero che mi pervade è: “ma quando finirà?” In lontananza sento una voce al megafono che urla epiteti altoatesini. Supero l’ennesimo tornante e vedo la vetta. Stringo i denti e in meno di dieci minuti arrivo al 38-esimo km dove mi attende la prima zona cambio.
Ritiro il mio zainetto e con la dovuta calma prendo la mia inseparabile crema per massaggi e me la applico ai piedi. Ahhhhh!!!! Sono rinato.
Riposato e rifocillato dopo circa 15’ riparto per un leggero tratto di salita e poi una discesa di 5 km circa che supero tranquillamente. Superato anche il ristoro ai 45, inizio il passo verso Cima Grappa, la vetta più alta della giornata e traguardo della 50km.
La temperatura inizia a calare ma non di molto. Il sole è ancora alto, scambio due parole con il compagno di turno, ed entrambi constatiamo che la prova è assai più dura del previsto a causa delle alte temperature che ci hanno accompagnato fin lì.
Sento le gambe scariche, i pantaloncini elasticizzati sembrano di 2 taglie in più. Il pensiero che le forze stiano per esaurirsi mi pervade la mente, ma tutto sommato sono sereno perché la proiezione sui 50 km è ottima (7h). In questi 5 km dovrò decidere se fermarmi comunicando ai giudici la mia decisione o continuare fino alla fine. In prossimità della vetta affianchiamo altri 2 runner. In gruppetto arriviamo alla scalinata e ci incamminiamo verso la cima.
Poco più di 500 m ci separano dall’ossario. Io e Antonio terminiamo la scalinata per primi e lui mi dice: “facciamo un allungo fino al monumento per sciogliere le gambe?” – con incoscienza gli rispondo di si. Intanto lui mi dice che al 50° farà traguardo chiedendomi cosa intendo fare io. Con assoluta certezza so che ad aver risposto non è stata la mia parte razionale ma quella irrazionale, la mia anima ribelle ha risposto:
“no! Io continuo per i 100”
Ecco la vetta. Entrambi ci scattiamo la foto di rito per testimoniare a noi stessi l’impresa che d’ora in poi farà parte di noi.
50° Sono ancora vivo!
Dopo un paio di prove di vestiario con rischio ipotermia e un breve pasto, decido di ripartire senza mai aver esitato un secondo nella mezz’ora trascorsa in zona cambio. È scesa la sera e mi incammino alla scoperta della faccia nascosta del Grappa, l’altra metà della mela, la zona d’ombra della luna. Mordo voracemente un panino insipido ed indigesto ma delizioso e saziante (paradossi che si materializzano in gara).
Termino il mio prezioso pasto, mollo un rutto e riparto. La discesa davanti a me mi stimola talmente che la corsa si impadronisce delle mie gambe facendomi tenere un ritmo impressionante. La tattica che mi sono prefissato è corri sciolto e lascia andare le gambe in discesa, regolare sul piano e cammina in salita. Tanto le salite da qui alla fine sono poche.
Inconsapevolmente passo un concorrente e gli urlo: MA QUANTI KM DI DISCESA MANCANOOOO?
Ottengo la risposta che non avrei mai voluto sentire: 30.
55°.................................. arriva la crisi!
Come fai a descrivere una cosa che vorresti dimenticare con tutte le tue forze!
Immaginate ciò di cui avete paura.
Fatto?
Ora pensate di essere difronte alle vostre paure più intense e personali e non avere la minima forza di reagire.
Questo è quello che mi è capitato fino al 70-esimo km. Ogni evento vissuto in quei 15 km è stato un rifiuto ininterrotto della situazione. Buio, silenzio, solitudine, confusione, mancanza di lucidità, paura di aver sbagliato strada, sofferenza fisica. La mia mente insistentemente mi ripeteva: basta! Fermati! È finita! Siedi qua e aspetta, qualcuno passerà.
La mia parte razionale aveva preso il sopravvento e coscientemente mi suggeriva di finirla lì.
Come ho detto in precedenza la corsa è solitudine, solo (come ti può capitare a volte nella vita) devi trovare gli stimoli per superare gli ostacoli che ti pone e come dirò dopo io dovevo solo ricordare il perché ero lì.
Al ristoro del 70-esimo km mi levo le scarpe e osservo le vesciche sotto i piedi che sono grandi come 2 pollici. Mi spalmo la crema rinfrescandomi la zona incandescente e riparto con poca speranza. Ad un tratto la svolta. La voce che attendevo mi dice: “ne mancano solo 30, smettila di lamentarti, mettiti a correre e dai tutto quello che hai oppure finiamola qui!
Mi rimetto a correre come se avessi appena iniziato e i km trascorrono (finalmente velocemente). Tant’è che in meno di 25 minuti mi ritrovo al ristoro dei 75. Prendo un biscotto, bevo velocemente mezzo bicchiere di coca-cola e riparto superando 2 concorrenti. Arrivo all’ottantesimo e raggiungo 2 ragazze. Supero anche loro e arriviamo al 90°. Si sale verso Asolo. L’ultima salita della gara. Cammino sino in cima e a mezzo km dal passaggio dei 95 inizio la mia gara personale.
Io sono qui per fare il mio personale sui 5000!!!
Gli ultimi 5km a bomba.
Asolo-Caselle D’Asolo meno di 23’.
Passo il cartello di Caselle vedo le bandierine, svolto a dx e vedo il traguardo.
Come un bambino difronte al proprio mito mi scendono lacrime di commozione e felicità mentre passo il traguardo.
Un ragazzo mi accoglie congratulandosi e mettendomi la medaglia al collo mi dice sei arrivato 61° assoluto.
Incredulo gli rispondo: cosaaaa???
Tutti a volte ci poniamo delle domande che ai più in apparenza possono sembrare vacue o poco importanti, la domanda a cui cerco di rispondere è: cosa mi spinge a fare cose come queste?
Ho iniziato a correre (concedetemi di dire seriamente) qualche anno fa e non l’ho fatto né per dimagrire, ne per competere con gli altri. Il vero motivo è perché mi è sempre piaciuta l’attività fisica e lo sport in genere.
Ma con il tempo ho capito che tutto quello che facciamo è spinto da esigenze ben più profonde. Da bisogni personali. Da dei vuoti che ci portiamo dentro. Se sono qui oggi è proprio per questo e mentre lo scrivo, con totale disarmo, allo stesso tempo mi sento soddisfatto.
Dedicato a colui devo delle risposte e dal quale non né ho mai avute.
Probabilmente questa risposta sembrerà inconcludente ai più, ma egoisticamente non mi interessa.
Infine, il mio ringraziamento va a te perché mi appoggi sempre in tutto quello che faccio.
Francesco






























1a Forest Run, di Attilio Moregola

5 Ottobre 2014 1a Forest Run
"Corsa in Natura nella Foresta dei  Dogi"
Gara di 24km omologata Fidal.

Quando ho visto, diversi mesi fa, il volantino con la foto di un sentiero nel bosco ne sono rimasto subito affascinato ed eccomi qua a raccontarla.
Partenza da casa il mattino ore 6.30  per essere in Cansiglio presto per il ritiro del pettorale. All'arrivo le nuvole  basse avvolgono la piana, non si vedono nemmeno le cime delle montagne che la incorniciano; il sole è un cerchio nel cielo che si intravede appena. Temperatura esterna 6 gradi.
Consegna del pettorale veloce. Numero 118 (ho una infermiera con me, ma non vorrei fare da ambulanza).
Verso le 9 il sole inizia  a svegliarsi e a far salire la bruma…gli atleti, quelli veri, iniziano a scaldarsi...
9.30, sotto lo striscione di partenza siamo in circa 550, non moltissimi, ma tutti determinati. Partenza in salita e dopo poche centinaia di metri si entra nel bosco. Ne usciremo attorno al 19° km (è veramente una Forest Run).
Primi 4 km di salita leggera, poi strappo improvviso ed irto. Da qui in avanti ce ne saranno diversi, infatti l'altimetria dichiara salita fino al km 10,7. Il percorso è bello, lungo una strada sterrata che si snoda nel bosco autunnale dove c'è una esplosione di colori che vanno dal marrone al giallo, all'arancione e ad al rosso ed il verde vicino al bianco delle rocce. In certi momenti ti vien voglia di fermarti ad ammirare, ma oggi non c'è tempo.
Salto il ristoro del km 5 e continuo con il mio passo fino al ristoro del 10° km, la fatica della salita si fa sentire ma è quasi finita...quasi (sob). Appena fatta la curva dopo il ristoro un muro di qualche centinaio di metri.. corro per un po' ma mi devo arrendere...camminano anche gli altri...camminerò anche io. Riprendo la corsa, lenta, dopo circa 100/150 metri che mi sono serviti per rifiatare e dare un po’ di respiro anche ai miei polpacci. Arrivo in cima e...giù in picchiata. Discesa ripida e tecnica, metto in azione un consiglio di un vecchio lupo di foresta:
"Massima attenzione e passa poco tempo con i piedi a terra... vola".
Il cartello del 12° km arriva in un battibaleno...e la discesa continua. Verso il 15° km inizio ad avere un po' di freddo, mi massaggio la pancia...non si sa mai...
Inizio a sperare di sentire un po' sole sulla pelle, ma il sole lo intravediamo fra gli alberi a fondo valle. Se non proprio il sole, almeno un the caldo (i ristori non dovevano essere ogni 5 km?).
Il the arriva poco dopo il 17° km e poi anche il sole, ora corriamo quasi in piano, ma…li in fondo c'è ancora salita! Il km fra il 18 ed il 19 è terribile. Le gambe, dopo 7 km di discesa, non ne vogliono sapere di riprendere a soffrire, penso di aver fatto questo solo km in almeno 2 ore.
Poi il motore, spronato dal cervello, un po' alla volta inizia a reagire e affronto gli ultimi km tutti in salita. Percorro questo tratto cercando di superare quelli davanti, ma supero solo quelli che si fermano  per camminare perché non ce la fanno più. In compenso qualcun altro ha ancora benzina e va...
Entro nel lungo rettilineo finale. "Ultimo km", che bel cartello. Ancora uno sforzo ed è fatta.
Arrivo e non vedo nemmeno il cronometro ufficiale alla mia destra, Runtastic è impazzito e mi dice che ho fatto 2km in 1 ora e 32 minuti (bella media). Comunque all'arrivo mi danno la medaglia (di partecipazione) .
Ho la sensazione che non sia andata proprio male, ma aspetto la classifica ufficiale.
Bevo e mangio qualcosa al ristoro, mi cambio (non c'erano le docce), quindi vado a mangiare il piatto di pasta del pacco gara (bello comprensivo di maglietta, biscotti vari, portachiavi, mignon di prosecco e vari assaggi di prodotti per sportivi) .
Ho anche il tempo di conoscere Gianni Poli (uno dei pochi italiani che può vantarsi di aver vinto la maratona di New York), cordialissimo e disponibile si ferma a chiacchierare con me e mia moglie come fossimo amici di vecchia data.
Ore 13.00 vedo esposte le classifiche ufficiose:
158° su 550 iscritti, tempo 2h00’44”, poi confermato in 2h00’33” (real time) in quelle ufficiali.

Ora posso rientrare a casa .... per fare una passeggiatina alle Fiere di San Donà.... :)

Bellissima giornata.

Quel maledetto sassolino!!!!, di Francesco Brussolo

È dal 26/10/2011, giorno in cui ho corso la mia prima Venice, che mi ritrovo sempre lo stesso sassolino nella scarpa. In questi anni, dovunque sia andato e qualunque scarpa abbia usato, dopo aver indossato il vestiario da runner e calzate le scarpette scelte per l’occasione, lo sentivo lì presente, sempre lui (rompi scatole, per non dire altro, mannaggia!!!) che mi riportava sulla terra, ad ogni passo e dopo ogni km percorso, solo per inculcarmi nella mente quell’obiettivo-traguardo da rincorrere e raggiungere con la determinazione ed il sacrificio che solo gli eletti che hanno affrontato una maratona possono capire, ma soprattutto con tanto divertimento. 
La strada percorsa è stata lunga e prolungata ed è durata 4 anni esatti! 
Oggi, gli amici Oll Scars mi chiedono di raccontare la mia esperienza, le mie emozioni e tutto quello (che di raccontabile) è successo il 25/10/2015. 
Gli avvenimenti, bene o male, per coloro che conoscono la manifestazione sono sempre quelli: ritrovo con gli amici e colleghi di giornata alla partenza in quel di Stra, in un contesto dal profilo paesaggistico/architettonico unico al mondo perché situato di fronte a Villa Pisani. 
Ognuno di noi ha il proprio rituale e le proprie manie, i veterani ostentano sempre una certa sicurezza e falsa saggezza (sappiamo tutti che ogni maratona nasconde insidie che possono sorprendere chiunque) e i novizi li vedi emozionati, con lo sguardo perso nel vuoto che cercano di immaginarsi cosa li aspetterà, immersi in un miscuglio di sentimenti misti a felicità e paura. 
Il gruppo è compatto e sereno, tra di noi ci si scambia a ripetizione suggerimenti, informazioni e sfottò che aiutano a passare il tempo, ma soprattutto a scemare la tensione pre-start. 
Ad un certo punto decido di dileguarmi dal gruppo per la mia mezzora d’aria nella quale devo raccogliere le idee. 
Mi dirigo verso i cancelli ed entro nella gabbia dove mi ricongiungo con Toni, Max Giro, Alberto Teso. Poco dopo ci raggiunge anche Zaza. 
Manca poco meno di mezzora allo start e tra le voci che si mescolano nell'aria si sentono anche le nostre che nel complesso diffondono idee e programmi di passo in compagnia o in solitaria. Fisicamente sembra che io sia in ascolto, ma mentalmente ripeto che sono lì per farla a modo mio e penso al sassolino, ripetendomi continuamente: “...chi vuole andare vada e chi vuole farmi compagnia mi fa piacere...” 
Boom, si parte! 
Come in una transumanza migratoria il gruppone, composto da runner accatastati come bestiame scalpitante, si mette in marcia mescolando andatura da camminata a corsetta da passeggio. Inizio a innervosirmi perché l’obiettivo ce l’ho ben chiaro in testa e il sassolino comincia a darmi fastidio. Devo trovare un varco per passare sotto l’arco dello start al mio ritmo. 
Finalmente le maglie iniziano ad allargarsi, Max trova un pertugio e mi accodo (ci siamo ritrovati in allenamento in diverse occasioni e so che ha un buon ritmo), ma dopo poche centinaia di metri il sassolino mi dice che l’andatura non fa per me, allora mi porto sul ciglio destro della strada e.............inizia la mia corsa! 
Toni mi lancia un urlo, mi giro per invitarlo a seguirmi e da quel momento non mi girerò più! 
Faccio andare le gambe come un rullo compressore e l’aria fresca di giornata mi riempie i polmoni di speranza ed entusiasmo. Corro sciolto, a testa alta e convinto delle mie forze. 
Il passaggio al 1° km è un po’ lento, di poco sotto i 5’00” al km ed il sassolino si allerta; ma non mi perdo d’animo perché so che il ritmo è quello giusto, a confermarlo saranno i passaggi successivi, costantemente attorno ai 4’40”. 
Passano i km ed incontro Attilio che mi accoglie con un sorriso pieno di entusiasmo, ci scambiamo un saluto consapevoli entrambi che avremo affrontato la gara in solitaria, .............bella gara atleta! Lo supero dando sfogo al sassolino che, poco lontano, scorge i palloncini delle 3h30’. Li raggiungo e superandoli in un baleno mi accorgo che le maglie iniziano a diradarsi e si cominciano a riconoscere anche le facce. 
Al passaggio dei dieci mi sciacquo la bocca con un sorso d’acqua e poco più avanti mi fermo per il mio solito pit-stop. 
Vedo il cartello del 16esimo km ed inizio a sentire i primi scricchiolii alle ginocchia, ma rifiuto qualsiasi pensiero negativo anche se sono perfettamente consapevole che è troppo presto per questi segnali che solitamente si manifestano attorno alle 2h30’/3h di corsa. Ecco che il sassolino ricompare cercando di destabilizzare una macchina perfettamente oliata. 
A differenza dello scorso anno decido di non essere troppo cautelativo e contrariamente a quanto avrei fatto in altre occasioni, decido di aumentare il ritmo abbassando il passo di 6/7” al km e
 ..........................vaffan@@@ al sassolino!!! 
Arrivo al cartello della mezza ed è ora di fermarsi per il primo vero ristoro. Cammino per circa 30” mangiando un gel e bevendoci sopra dell’acqua. Butto tutto dentro, faccio un gran rutto e riprendo a far rullare le gambe come se fossi appena partito. Al passaggio del 23esimo leggo 4’32” sul GPS, allora calo leggermente sui 4'40” per mantenerli sino a Mestre. 
Entro nel sottopasso della ferrovia e si spegne la luce, ..............azz! Il GPS non da segnale, a quanto sto andando? Forse troppo forte, che sia meglio rallentare?.............Mi sa che ho rallentato troppo..... aumento? Capperi, che fastidio che mi dà sto sassolino!!!!! 
Esco dal sottopasso e vedo il cartello dei 25, poco prima arriva il fischio del GPS che mi riporta sulla terra, 4’42”
 ...............sassolino va cag@@@@@@ar!!!!!!!!!! 
Anche oggi Mestre si ferma (è arrivata la Venice Marathon) e tanta gente ai bordi della strada grida incitamenti al nostro passaggio, pronunciando i nomi dei pettorali come se fossimo amici di vecchia data.
L’emozione si fa sentire, allora cerco di isolare la mente concentrandomi sulla corsa ed il ritmo da tenere. 
In prossimità del ponte pedonale del Parco San Giuliano le gambe girano ancora, i dolori si sentono sempre più, ma a differenza delle altre volte il passo c’è e si vede perché oggi sono io a sorpassare in continuazione runner senza benzina, doloranti, boccheggianti, e ansimanti. 
Ogni tanto guardo il garmin per controllare il ritmo, osservando con soddisfazione che i passaggi sono sempre sotto i 4’50”, ben al di sotto del mio obiettivo di giornata, allora decido di non rischiare troppo e dopo i 30 km affronto i ristori con calma, camminando, mangiando e bevendo come in una giornata di sole e di festa!!! 
Mentalmente mi sento carico e continuamente ripeto: “...sì, ho qualche dolorino, ma sto bene e sono in forma...”! 
A San Giuliano vedo Stefano che mi dà il 5 e Salvatore che mi scatta una foto, grazie ragazzi! 
Passo San Giuliano alzando le corna al cielo in onore della cover band dei Kiss e mi immetto sul ponte della Libertà. 
Eccola lì Venezia......... sto arrivando. 
Sul ponte sorpasso giovani e meno giovani con facce indescrivibili, lanciandogli il mio in bocca al lupo. 
Arrivo a Venezia e al cartello del 37esimo ho un cedimento, il passo non è più lo stesso e il sassolino mi si è conficcato tra le dita dei piedi, ............che scocciatura!!! 
Arrivo al ponte lungo e scorgendo in lontananza la basilica di San Marco mi sale l’adrenalina, accosto il sassolino spingendolo con le dita sino in punta ed entrando in piazza, trattengo il magone per non piangere, accelerando tra la folla urlante. 
Passo a destra, devio a sinistra, mi infilo nei ponti chiedendo il passaggio con un buffetto sulla spalla a chiunque intralci lo sprint contro me stesso. 
Un esplosione di emozioni e sentimenti incontrollabili mi affogano la mente facendomi perdere la lucidità, tant'è che il cervello dice di spingere al massimo dando tutto quello che ho, ma il corpo rifiuta il comando avvertendomi con: crampi al polpaccio destro, dolori lancinanti alle ginocchia, ma soprattutto totale mancanza di ossigenazione. Gli ultimi 200 metri credo di averli corsi in totale apnea!!! 
Arrivo all'ultimo ponte e sento gridare il mio nome, faccio le corna mescolando un saluto ad Aldo e Paolo, alla scaramanzia per la paura di scivolare proprio nell'ultima discesa, supero il ponte in progressione e negli ultimi 100 metri faccio volata da solo, tirando fuori dai polmoni tutto quello che ho. 
A lato sento Cris e Angela che mi incitano, apro la bocca per salutarli, ma non esce nemmeno un fiato, sono in apnea totale. Allora prendo aria passando il traguardo con gli occhi al crono, lanciando un urlo euforico di liberazione al cielo. 
Sfinito, mi si avvicina un uomo dell’organizzazione per assistermi chiedendomi: “tutto ok?”, e gli rispondo: 
“Certamente! Ora posso togliermi le scarpe e levare questo ca@@o di sassolino......................” 

Per la cronaca riporto Total Time 3h26’22” – Real Time 3h24’18”

Francesco al cartello del 42esimo km, peccato per il dito di Aldo :-)